(Massimo Gramellini – corriere.it) – Gli storici scriveranno che, nelle settimane che precedettero le famose elezioni politiche del 2022, in Italia si parlò soprattutto delle corna dei Totti, dei funerali di Elisabetta e dei vagheggiati esoneri di Max Allegri, detto Acciughina, e Simone Inzaghi, detto Inzaghino.

Sta per finire la campagna più noiosa di sempre: desolatamente priva di grandi statisti, grandi ideali, grandi speranze e persino grandi paure, se si esclude quella di diventare (quasi) tutti più poveri. L’impossibilità di allestire duelli televisivi tra attaccabrighe ha tolto anche quel pizzico di curiosità garantito dall’agonismo: un Renzi-Conte, per dire, il pubblico se lo sarebbe gustato con lo stesso spirito sadico con cui si guardano le partenze dei Gran Premi. Invece sembra di assistere a un’estenuante amichevole dove non segna mai nessuno. Anche perché, dei tanti centravanti in campo, nessuno ha le caratteristiche del bomber, tranne forse una, che però sta attenta soprattutto a non fare autogol.

Alcuni lettori sono arrivati a rimpiangere le sparate di fine e inizio millennio del giovane Berlusconi, i comizi-cabaret di Grillo e persino le metafore animaliste di Bersani. Ma poiché quelle campagne, mentre erano in corso, ci apparvero ancora più insulse di questa, si può stare certi che tra una ventina d’anni, quando saremo tutti nel Metaverso a discutere del rincaro delle bollette con un ologramma, rimpiangeremo le parole silenti di Letta e i silenzi parlanti della Meloni.