L’Onu “vieta” quella “tra potenze nucleari”. Dunque se la Russia attaccasse l’Ucraina, non dovrebbe esserci automatica risposta Usa. Il nodo delle autorizzazioni e il ruolo dei semplici ufficiali. È dal primo giorno di guerra che su queste pagine e altre sedi cerco di chiarire le posizioni […]

(DI FABIO MINI – ilfattoquotidiano.it) – È dal primo giorno di guerra che su queste pagine e altre sedi cerco di chiarire le posizioni militari dei contendenti e i rischi del possibile anche se improbabile ricorso alle armi nucleari.

Ieri il presidente Biden ha chiarito, molto meglio di quanto avrei mai potuto fare, la sua posizione: ha avvertito la Russia di non usare ordigni nucleari. “Don’t do it!”. In realtà ha avvertito Putin, che in questa materia si è sempre dimostrato molto cauto, al contrario dei falchi russi che, al pari di quelli europei e statunitensi, vorrebbero la guerra nucleare anche subito. L’avviso di Biden si completa con la minaccia: “Agiremo di conseguenza”. È una svolta importante. Gli Stati Uniti sono pronti allo scambio nucleare e da oggi in poi il ricorso alle armi nucleari in Ucraina e in Europa è molto probabile. Ovviamente sia la Russia che gli Usa saranno “costretti a rispondere”. Ma questi sono dettagli semantici. La guerra nucleare è cominciata, come le altre, con le parole. Interessante è invece ciò che non viene detto. Il 3 gennaio 2022 i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia) hanno dichiarato che la “guerra nucleare non può essere vinta e quindi non deve essere scatenata”. Hanno riconosciuto in particolare la loro “responsabilità di evitare la guerra fra Stati nucleari e l’impegno nella riduzione dei rischi strategici”. Sembrerebbe una seria presa di posizione a favore della sicurezza internazionale se fra le righe della retorica onusiana non celasse importanti distinguo: la guerra da evitare è solo quella diretta fra Stati nucleari. In pratica, si dà il via libera alla guerra per procura (proxy war) e per renderla ancora più probabile ciascuno s’impegna a non impiegare armi nucleari contro gli altri. Quindi la guerra nucleare che non può essere vinta e non deve essere scatenata è quella strategica o tattica fra le potenze nucleari , mentre tutte le altre guerre comprese quelle che le potenze nucleari conducono contro altri “poveracci” possono essere combattute. Sebbene Biden continui a rassicurare gli Usa che non corrono alcun rischio nucleare, sono gli stessi americani e la logica derivata dalla Guerra Fredda a far sorgere i dubbi. Le dichiarazioni in ambito Onu sono sempre acqua calda. Gli americani sanno di trovarsi di nuovo nel dilemma dell’escalation nucleare degli anni 70 e si preoccupano di non dover subire un attacco catastrofico sul proprio territorio. Gli europei, come allora, si dichiarano invece pronti a scatenarlo come se poi non ne dovessero subire le conseguenze. La dichiarazione del 3 gennaio non ha prodotto alcun cambiamento favorevole nelle concezioni strategiche e anzi le ha riportate indietro di un secolo, come dimostra il Concetto strategico della Nato varato nel 2022, guerra durante, che in nome della deterrenza e della difesa collettiva è infarcito di baldanza bellica, nazionalismi, progetti di militarizzazione e mire di espansione come stampella degli Usa anche nell’Indo-Pacifico. La Russia sta conducendo una guerra convenzionale con armi, mezzi e forze limitate. Di questa “moderazione” Putin è già chiamato a rispondere dai suoi che lo accusano di tradimento e di mollezza. Lui non ha risposto all’avvertimento di Biden, ma il suo portavoce ha invitato gli americani a leggersi la “dottrina” russa. Non è un gran sollievo perché la dottrina russa, come quella americana, prevede procedure diverse per le armi nucleari strategiche e quelle tattiche. Nel confronto fra Russia e Ucraina la prima ha armi nucleari proprie, la seconda no. Se la Russia le impiegasse contro le forze ucraine non smentirebbe l’impegno assunto di non usare armi nucleari fra potenze nucleari. Mentre la “risposta” annunciata da Biden la violerebbe implicando l’uso statunitense di armi nucleari tattiche contro le forze russe in Ucraina o in Russia. Stessa cosa se gli Usa cedessero armi nucleari tattiche all’Ucraina, come richiede Zelensky. Quindi, stando alle dichiarazioni pubbliche e solenni, non è la Russia con le spalle al muro ma gli Stati Uniti costretti a valutare se avviare l’escalation strategica (rischio di subire attacchi sui propri territori e sulle proprie forze in Europa, Corea o altrove) per “rispondere” all’uso tattico della Russia in Ucraina. La dottrina russa e quella americana/Nato non entrano nei dettagli, ma il termine “tattico” non deve trarre in inganno. Generalmente si definiscono tattici gli ordigni nucleari di bassa potenza (low yield – da 0,3 a 50 Kiloton, sufficienti a distruggere dieci grandi città) utilizzabili in teatri di guerra locali. Mentre durante la Guerra fredda era chiaro che un ordigno qualsiasi avrebbe potuto scatenare la guerra totale, oggi si pensa di poter impiegare ordigni nucleari senza correre tale rischio. È un modo come un altro per derubricare l’idea nucleare e quindi renderla accettabile e gestibile. In realtà le armi nucleari sono tattiche o strategiche in relazione allo scopo e non tanto alle caratteristiche tecniche. In campo prettamente tattico dovrebbero servire ad annullare la superiorità convenzionale dell’avversario, ma con l’abbassamento della soglia nucleare anche il minimo scopo tattico ha un’alta probabilità di provocare una risposta strategica. Le armi nucleari tattiche hanno il vantaggio di lasciare pochissimo tempo di avviso e di poter essere impiegate su obiettivi puntiformi. Il ricorso a tali mezzi da parte degli Usa non ha bisogno di particolari procedure di autorizzazione: basta che l’autorità politica (Presidente) deleghi tale decisione ai comandanti militari prima o durante il conflitto, in via permanente o transitoria. Secondo l’US Legal Code, i responsabili dei Comandi Combattenti “organizzano e impiegano le forze assegnate per l’assolvimento della loro missione”. Si presume che analoga procedura sia adottata dai russi, anche se la burocratizzazione del controllo è più elevata. Le armi nucleari tattiche sono assegnate ai comandi operativi e quindi non sono vincolate alla procedura di autorizzazione presidenziale che riguarda invece le forze strategiche assegnate agli appositi Alti Comandi Strategici. Lo scopo della delega non è solo quello di scaricarsi la responsabilità ma soprattutto di dotare i comandanti sul terreno di strumenti decisivi in relazione alla realtà bellica che stanno vivendo. In ambito Nato, gli Stati Uniti hanno reso disponibili ordigni tattici anche per i cinque Paesi aderenti al nuclear sharing (Italia compresa), ma il coinvolgimento Nato o dell’Unione europea non sarebbe automatico e gli Stati Uniti hanno già siglato accordi bilaterali con l’Ucraina di “sostegno alla difesa”. Tuttavia, Nato e Ue si sono già spese tanto con l’Ucraina da rendere inimmaginabile che si possano “sfilare”. È comunque certo che nessun paese europeo potrà essere ritenuto “estraneo” o neutrale. Sul piano operativo, una volta ricevuta la delega, le procedure statunitensi e russe sono semplici: dagli ordini della campagna o missione militare emessi dai comandanti di teatro, ogni comandante di unità sa di quali forze può disporre direttamente e su quali supporti esterni può contare. I mezzi nucleari fanno parte di tali forze. Nel caso siano di supporto viene specificato il credito di missioni di cui l’unità può disporre in termini di tipo (aerei, missili, artiglierie o altro), numero e potenza. Purtroppo, la realtà dei comandanti sul terreno non è quasi mai chiara e non c’è comandante di brigata che non sia pronto a soddisfare la richiesta di un suo maggiore o tenente colonnello che avendo un plotone in difficoltà, dopo aver impiegato le sue artiglierie, il suo credito di missioni aeree e missilistiche chieda l’intervento nucleare per salvare i suoi uomini. Come disse l’ex Comandante supremo della Nato Ammiraglio Usa Stavridis, “autorità di rilascio” delle armi nucleari tattiche per la Nato e per le forze Usa in Europa “basta che un comandante locale percepisca la necessità di usarle per attivare l’intervento”. Importante è la parola “percezione” che non sempre coincide con la realtà accertata. Le percezioni sono influenzate dai fattori emotivi e dalla propaganda. Per assurdo, la sicurezza europea e quella globale possono dipendere dalle percezioni di un tenente colonnello comandante di un gruppo tattico (Battle group) o di un tenente operatore di lanciamissili, magari falsate da ciò che hanno subìto nel passato, dallo sconforto o l’esaltazione del momento e da ciò che hanno mangiato, bevuto o fumato due ore prima. Biden e Putin: don’t do it!