Il piano: “Se decisivi, riporteremo draghi al governo”. Il centrino di Matteo Renzi e Carlo Calenda cuoce a fuoco lento, ma cuoce. La trattativa prosegue, non c’è ancora l’annuncio ufficiale sul cartello elettorale tra Azione e Italia Viva, ma dovrebbe […]

(DI TOMMASO RODANO – Il Fatto Quotidiano) – Il centrino di Matteo Renzi e Carlo Calenda cuoce a fuoco lento, ma cuoce. La trattativa prosegue, non c’è ancora l’annuncio ufficiale sul cartello elettorale tra Azione e Italia Viva, ma dovrebbe arrivare in giornata, dopo l’incontro risolutivo tra i due leader.

Nelle ultime 24 ore non si sono registrati significativi passi avanti, ma nemmeno indietro. Le dichiarazioni dei due leader sono di generico e ragionevole ottimismo, anche se sotto lo strato delle parole ufficiali serpeggia un filo di nervosismo, pure comprensibile, visto che gli ego in campo sono più grandi del campo stesso e la posta in palio è la sopravvivenza elettorale.

Nell’incontro di oggi, Calenda e Renzi avranno comunque tutti gli interessi a portare a casa l’accordo. Il primo deve tirarsi fuori dalle acque limacciose della raccolta firme: nonostante l’ex ministro lo neghi, fino a prova contraria gli servono i contrassegni di 36.750 persone entro 10 giorni (il 21 agosto) per poter partecipare alle elezioni. Poiché non è un obiettivo realistico, Calenda deve necessariamente scendere a patti con il suo ex rivale. Renzi, dal canto, non può permettersi di ignorare i sondaggi inferiori alla soglia di sbarramento del 3%: anche sommando le rispettive debolezze, Azione e Italia Viva non sarebbero del tutto a riparo da sorprese, andando da sole invece sarebbero quasi spacciate.

L’accordo, secondo fonti calendiane, dovrebbe stringersi questa mattina attorno a una sostanziale parità di candidature nei collegi, ma il dettaglio tecnico non è ancora stato stabilito. Al contrario, viene negata risolutamente l’ipotesi che la leadership della lista, o del cartello elettorale, sia affidata a due donne (erano stati fatti i nomi delle ministre Mara Carfagna ed Elena Bonetti). I frontmen dovrebbero essere quindi ancora Calenda e Renzi, ma anche su questo non risulta alcuna soluzione definitiva.

Ieri l’ex presidente del Consiglio è stato ospite di Massimo Giannini e del sito della Stampa (come Calenda il giorno prima). “Abbiamo tempo da qui a venerdì”, ha detto Renzi, “non abbiamo chiuso ancora: visto il teatrino deludente di queste settimane, se dobbiamo fare un accordo bisogna farlo in modo molto serio e diverso dagli altri. Sono ottimista ma prudente, non faccio percentuali”. Sulla leadership, infine, ha detto di essere pronto a “fare un passo indietro, non è un problema, ma sarà l’ultimo degli argomenti, prima voglio che si concluda tutto il percorso: nomina sunt consequentia rerum”. Poi ha spiegato che l’obiettivo suo e di Calenda è di “riportare Mario Draghi a Palazzo Chigi”.

Anche Calenda ha ripetuto lo stesso spartito, intervistato dal Tg4. Pure lui ottimista ma prudente: “Adesso vediamo, però le cose stanno andando per il verso giusto. Io sono scottato da un matrimonio saltato, quindi vado con grande attenzione. Saranno presenti i loghi dei due partiti, stiamo lavorando a una lista unica, ma questa è tra le cose che dobbiamo decidere insieme”.

A proposito del “matrimonio saltato”, Emma Bonino ha fatto volare gli stracci: “In tutta la mia lunga vita politica, mai avevo visto un voltafaccia così repentino, immotivato e truffaldino come quello di Calenda”. Che le ha risposto su Twitter: “Io sono una persona educata, ho avuto per te solo parole di stima. Cerca però di non perdere il controllo di te stessa”.

Fu così che le questioni del piccolo centro scivolarono nella categoria delle nevrosi. A ben vedere, un epilogo già scritto. Lo scorso febbraio, quando Bonino intervenne al congresso di Azione per suggellare la (poi breve) alleanza tra +Europa e calendiani, si lasciò scappare una battuta profetica: “In questo patto albergano persone, come si dice, di carattere, a volte un po’ troppo di carattere… Per potersi incontrare, qualcuno dovrà fare provviste di Xanax”. Col senno di poi, pare che le provviste non siano state fatte.