(Roberta Labonia) – Il PD ha aperto la sua campagna elettorale con il manifesto che vedete in foto. Praticamente un dito in un occhio a Giuseppe Conte e a tutto il Movimento 5 Stelle che da Draghi non solo è stato ignorato nelle sue sacrosante istanze sociali, non solo demolito nei suoi provvedimenti bandiera, ma addirittura offeso e deriso.

Con questo manifesto il comitato d’affari quale è oggi il partito delle élite di Enrico Letta ha fatto, finalmente, un sia pur inconsapevole outing. Si è identificato nell’immagine di Mario Draghi, il prototipo del banchiere turbo liberista per eccellenza. Ecco perché il fatto che ancora oggi il leader del Pd si voglia accreditare verso l’elettorato come forza di sinistra, oscilla fra la gag comica e la presa per il culo.

Letta Enrico, il nipote di quel Gianni che ancora oggi funge da uomo ombra di Berlusconi nelle segrete stanze dei bottoni, porterà avanti, insieme ai vari “centrini” di cui sono espressione personaggetti del calibro di Renzi, Calenda e Di Maio, l’agenda Draghi, un tecnocrate autoreferenziale che dei 9 punti programmatici di Giuseppe Conte e del MoVimento 5 Stelle, quelli sì ascrivibili ad una sinistra sociale, ha fatto carta straccia.

Letta junior e frattaglie varie, sempre più sbilanciati a destra, sono e saranno sempre espressione di quel sistema marcio neo liberista che ha generato negli anni i guasti sociali che subiamo oggi: disuguaglianza sociale, lavoro povero e precario, deterioramento del welfare. Guasti a cui solo la breve esperienza di governo dei pentastellati aveva, pur fra mille paletti, posto un argine.

Oggi i 5 Stelle, grazie a Giuseppe Conte sono divenuti una forza autenticamente progressista, hanno l’irripetibile occasione di occupare un vuoto enorme nello scenario politico italiano: sono gli unici portatori dei valori autentici come la solidarietà, la giustizia sociale, la lotta alle disuguaglianze, l’ambientalismo. Valori del tutto estranei sia al blocco di una destra sempre più reazionaria (anche qui, chiamare centro-destra l’accozzaglia Meloni, Salvini e Berlusconi è un offesa all’intelligenza), che alla “sinistra” salottiera ed elitaria del PD.

I “superstiti” pentastellati che dopo quasi una legislatura al governo hanno resistito alle sirene del potere e a quelle degli avventurismi velleitari parlamentari, si facciano portatori convinti dei loro valori, tornino a parlare a quelle anime che nel 2018 li portarono al governo del Paese. Oggi la maggior parte di loro si sono rifugiati nell’astensione, sono elettori “dormienti”. Sta solo a loro, risvegliarli. Lascino ad altri le prove tecniche di un “campo largo”, dove loro saranno sempre percepiti come corpi estranei.

E se ciò significherà entrare nella nuova legislatura dai banchi dell’opposizione ben venga, faranno da megafono alle istanze di un popolo dolente come è, oggi, quello italiano. Arriverà anche il loro momento e stavolta lo affronteranno forti della loro esperienza di Governo. E sarà quando ci sarà da ricucire nuove ferite sociali. Se possibile ancor più dolorose di quelle di oggi.