Il M5S chiede una norma sul superbonus ma viene respinto. Oggi l’avvocato porterà al premier le richieste dei 5Stelle. Una giornata di tavoli, mediazioni e accuse incrociate non è servita a nulla. Questa mattina alla Camera, se nella notte non sarà arrivato un improbabile accordo, il governo blinderà con la fiducia […]

(DI LUCA DE CAROLIS – Il Fatto Quotidiano) – Una giornata di tavoli, mediazioni e accuse incrociate non è servita a nulla. Questa mattina alla Camera, se nella notte non sarà arrivato un improbabile accordo, il governo blinderà con la fiducia il decreto Aiuti, che ha in pancia anche l’inceneritore a Roma e una modifica peggiorativa del reddito di cittadinanza, pugni in un occhio per il M5S. Tradotto, metteranno i 5Stelle di fronte a un bivio, dentro o fuori dall’esecutivo, proprio nel giorno in cui Mario Draghi riceverà Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, per il faccia a faccia dove provare a fare chiarezza su molte cose, a partire dalla permanenza del Movimento nel governo. Più difficile, visto che ieri il M5S non è riuscito a incassare una norma sul superbonus, bandierina che poteva aiutarlo a deglutire il provvedimento. L’esito di un lunghissimo martedì, con i 5Stelle che nella riunione di maggioranza in mattina a Montecitorio chiedono di non mettere la fiducia sul testo.

Vorrebbero inserirvi una norma sul superbonus, tramite un emendamento del relatore, così da regolamentare la responsabilità in solido di chi cede il credito. “Torniamo in commissione e approviamo solo quello” è l’idea. Il ministro per i Rapporti per il Parlamento, il grillino Federico D’Incà, prova a mediare per accontentarli. Ha la copertura politica di Palazzo Chigi dove sono preoccupati dall’evidente caos. Soprattutto, un segnale alla vigilia dell’incontro con Conte potrebbe aiutare, ragionano.

Ma gli altri partiti fanno subito muro, e anche il Pd è quanto meno perplesso. “Non è questo il modo, così si crea un precedente, niente favoritismi” è l’obiezione diffusa. Anche perché solo il M5S e Fratelli d’Italia avevano presentato emendamenti al testo entro la scadenza, mentre gli altri avevano data già per scontata la fiducia (che sopprime ogni richiesta di modifica). Così a metà mattinata la viceministra all’Economia, la dimaiana Laura Castelli, mostra il pollice verso: “Per il Mef non ci sono profili economici che necessitano l’intervento e quindi il ritorno in commissione”. Anche perché, fanno notare dalla Ragioneria, non ci sono le coperture per la misura (servirebbero tre miliardi). Così trattativa diventa un pantano. A Montecitorio si susseguono le riunioni per cercare un punto di caduta, ma la matassa si aggroviglia, mentre i 5Stelle fanno filtrare: “Senza la norma sul superbonus non votiamo la fiducia”.

Il Pd si fa più morbido, prova a fare da pontiere, anche se la Lega inveisce contro “i litigi interni al centrosinistra”. Però l’intesa non si trova. Per questo, D’Incà chiede e ottiene dall’Aula il rinvio dell’esame del decreto a questa mattina. Guadagna altro tempo, sempre alla ricerca di un accordo prima della seduta di oggi. Ma il centrodestra dice no: “Non possiamo fare tutto questo solo per inserire una vostra norma”. E poi, infierisce la renziana Maria Elena Boschi, “domattina (oggi, ndr) i giornali racconteranno di Conte che minaccia il governo, e tutti i partiti non potranno che essere ancora più contrari”. Ma la capogruppo dem alla Camera, Debora Serracchiani, tiene aperto uno spiraglio: “Se si può migliorare un testo, come con il superbonus, noi siamo sempre favorevoli. E con il M5S non c’è alcuna tensione”. Ma il tempo è pochissimo, visto che il dl scade il 16, e deve ancora passare in Senato. Ergo, la fiducia pare inevitabile. La certezza è che alle 16.30 di oggi Conte e Draghi si vedranno a Palazzo Chigi. Prima, alle 13, Conte riunirà il Consiglio nazionale del Movimento, per l’occasione allargato a tutti i coordinatori dei comitati.

In serata, dopo l’incontro con il premier, riunirà i parlamentari in assemblea congiunta per fissare la rotta. Dipenderà anche dal faccia a faccia, dove Conte porterà un documento con le richieste del M5S: dal portare in Parlamento il prossimo decreto per inviare armi all’Ucraina alla salvaguardia del reddito di cittadinanza, fino al salario minimo. Ma chissà cosa accadrà stamattina. “Ora Conte dovrà scoprire le carte” ghignano i dimaiani. Mentre dal M5S ripetono il mantra: “Giuseppe non ha deciso”. L’eventuale fiducia sul dl Aiuti si voterà domani. Esiste un espediente: votarla, per poi astenersi sul testo. Però sarebbe un espediente, appunto.