(ilfattoquotidiano.it) – Il nuovo idolo dell’establishment ora parla a giornali unificati, ma riesce miracolosamente a non dire praticamente niente: ieri Luigi Di Maio era intervistato in contemporanea su Corriere della Sera e Repubblica. Oltre a produrre folle oceaniche in fila alle edicole, la doppia intervista getta un fascio luminoso sul senso della sua scissione. Luigi ragiona da statista, vola alto, non cita mai Conte ma si occupa dell’Italia, del suo destino, che “viene prima di ogni interesse di partito”. Di Maio ha portato la croce per mesi ma ora finalmente è libero “da chi ci stava portando dalla parte sbagliata della storia”, “da chi voleva portare l’Italia su posizioni anti-Nato”, “da chi è troppo ambiguo sul sostegno all’Ucraina”, “da chi è rimasto in silenzio invece di prendere le distanze da Mosca”, da chi “mette in imbarazzo il governo con uno spettacolo indecoroso”, da chi… da chi… ma da chi? Dillo, Luigi, dillo! Niente, non ce la fa. Non vuole: vola alto, altissimo. Rivendica la sua “coerenza” (!). “Non ho alcuna intenzione di creare un partito personale”, promette, “o un movimento fittizio per la poltrona, o una zattera che serve solo ad arrivare alla fine della legislatura. Tra otto mesi saranno i cittadini a decidere”. Chissà se poi ci sarà ancora la fila per le interviste.