A Villa Taverna per il tradizionale party del 4 luglio è andata in scena la solita sfilata di politici, da Salvini a Conte. Ma i veri protagonisti della serata sono stati gli uomini degli apparati e i vertici delle imprese strategiche. Washington studia i suoi riferimenti italiani in attesa di nominare il nuovo ambasciatore.

(Andrea Muratore – tag43.it) – Moltissima intelligence, molta difesa, ma anche molta impresa: la festa degli Stati Uniti a Roma mette in ombra, per una volta, la classica passerella dei politici. Il contesto delle celebrazioni (anticipate) per la Festa dell’Indipendenza del 4 luglio nel contesto di Villa Taverna, sede dell’ambasciata a stelle e strisce, ha mostrato con chiarezza i punti caldi del sistema-Paese Italia tenuti sotto i riflettori Washington.
Conte e Salvini, corsa per fare professione di atlantismo
All’evento, tradizionale kermesse in cui sfilano i pezzi da novanta del nostro sistema politico, i presenti hanno notato che gli esponenti dei partiti non occupavano il centro della scena. Matteo Salvini e Giuseppe Conte sono giunti in una sorta di visita riparatoria per fugare ogni sospetto sulla fede atlantica di Lega e Movimento 5 stelle. Al loro fianco, i fedelissimi: ovvero gli esponenti leghisti delle Commissioni Esteri di Camera e Senato, Paolo Formentini e Toni Iwobi, oltre ai capigruppo Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari che completavano il cerchio magico del segretario. Notata ma giustificata l’assenza di Giancarlo Giorgetti, l’”amerikano” per eccellenza del Carroccio, impegnato in un viaggio in Finlandia. L’ex premier Conte, invece, è apparso molto meno a suo agio e padrone della scena rispetto al ministro degli Esteri e scissionista pentastellato Luigi Di Maio, accompagnato dal neo-convertito atlantista Manlio Di Stefano, sottosegretario alla Farnesina. Di Maio è, assieme a Giorgetti e Lorenzo Guerini, il titolare della Difesa presente alla festa, ritenuto il ministro più vicino a Washington del governo Draghi. Tra i membri dell’esecutivo convenuti in Via Veneto anche Renato Brunetta, Marta Cartabia, Mara Carfagna ed Enrico Giovannini.

Sul versante dell’opposizione, Giorgia Meloni è arrivata accompagnata dal suo “Rasputin” Giovanbattista Fazzolari, senatore di Fratelli d’Italia e suo stretto consigliere. La leader di destra ha a lungo confabulato con Giulio Tremonti. Assieme all’ex ministro dell’Economia, un habitué dell’appuntamento, l’ex ambasciatore a Washington Giovanni Castellaneta. Tra le new entry più importanti del mondo accademico, l’economista Carlo Cottarelli e il costituzionalista Francesco Clementi.
Presenza massiccia di Intelligence e Difesa
In ogni caso, racconta chi era presente, le figure più attenzionate dagli uomini dell’ambasciata non erano gli esponenti dei partiti italiani. Mario Draghi regnante, gli americani stanno cercando di capire come potranno evolvere i legami con un’Italia ritenuta sempre più strategica. E la vicinanza non può che partire da quei settori in cui i rapporti fiduciari sono più forti e consolidati. Ragion per cui gli esponenti della Difesa, dell’intelligence e della galassia che ruota attorno ai servizi facevano gli onori di casa. Assenti i cordiali nemici Franco Gabrielli ed Elisabetta Belloni, c’erano invece il direttore dell’Agenzia della Cybersicurezza Nazionale, Roberto Baldoni; i direttori dell’Aisi, Mario Parente, e dell’Aise, Giovanni Caravelli; il vicedirettore dell’Aise, l’ammiraglio Carlo Massagli. Per la Difesa, il generale Francesco Paolo Figliuolo, dopo l’esperienza da commissario per l’emergenza Covid promosso a direttore del compound operativo vertice interforze (Covi) e il capo di Stato Maggiore dell’Esercito Pietro Serino. Un segnale molto forte in una fase estremamente critica per i rapporti internazionali e per l’asse tra Italia e Usa anche la partecipazione dei big dell’industria della Difesa, tra le più strettamente legate a Washington.
L’industria militare e i big dell’energia al completo
Sandro De Poli, presidente di Avio Aero, era nei giardini di Villa Taverna, come Emanuele Serafini, Western Europe Director di Lockheed Martin. E non poteva mancare nemmeno una nutrita delegazione di Leonardo: l’ad Alessandro Profumo, il presidente Luciano Carta e il direttore generale Luciano Cioffi venuti a suggellare il nuovo corso a stelle e strisce della major della Difesa la cui partecipata Drs è recentemente tornata a Wall Street. Assieme a loro l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, direttore della fondazione Leonardo Med-Or. A Leonardo ha risposto Fincantieri, negli ultimi tempi rimpinguata di prestigiose commesse della United States Navy, rappresentata dai nuovi vertici: il presidente, generale Claudio Graziano e l’ad Pierroberto Folgiero. Interessante l’attenzione data al tema energetico. Gli Stati Uniti infatti puntano fortemente sull’Italia nella strategia di contenimento alla Russia. L’invito all’ad di Eni Claudio Descalzi all’Atlantic Council del mese scorso è stato un anticipo di quanto si potrà vedere in futuro con nuove alleanze e partnership. A Villa Taverna non sono mancati Lapo Pistelli, vicepresidente Eni con delega alle Relazioni Internazionali, e l’ex ad di Snam Marco Alverà, oggi in proprio con un fondo di investimento attivo nel settore energia. Il presidio imprenditoriale è andato in ogni caso oltre i due settori ritenuti più critici da Washington. Simone Crolla di American Chamber of Commerce in Italy, scortato dal suo braccio destro Davide Burani, rappresentava nella serata il trait d’union tra i due mondi, assieme a lobbisti allevati a pane e America come Paolo Messa e Antonio Vella. Per la finanza, presenti Stefano Lucchini di Intesa San Paolo,di cui è Chief Institutional Affairs and External Communication Officer e pontiere tra mondi e sfere di influenza diverse, il neo ad di Invitalia Bernardo Mattarella, raggiante per il nuovo incarico. Non mancavano altre figure apicali del sistema industriale italiano: ad esempio Eugenio Santagata, Chief Public Affairs & Security Officer di Tim, manager con un’importante e vasta esperienza nel settore della Difesa, dove ha ricoperto incarichi di rilievo, e Fabrizio Greco amministratore delegato della filiale italiana del colosso farmaceutico AbbVie.
La ristretta, ma fidata, cerchia dei giornalisti
Ristretta, ma fidata la cerchia dei giornalisti presenti: Giorgio Rutelli di Formiche, Federico Fubini del Corriere della Sera, Mario de Pizzo del Tg1, Stefania Trapani di SkyTg24 e, più attivo di tutti, Jacopo Iacoboni. Il crociato anti-russo de La Stampa ha smesso per una serata i panni del guerriero di Twitter per concedersi alla mondanità. Nel suo articolo di commento alla serata sul quotidiano torinese Iacoboni ha un affanno: far emergere un sostanziale “io c’ero” dalle sue parole. Al punto tale da riportare l’indiscrezione che vorrebbe l’ospite d’onore della serata, la Speaker della Camera dei Rappresentanti e “abruzzese d’America” Nancy Pelosi, come possibile futura titolare dell’Ambasciata americana.
Roma è ancora senza ambasciatore Usa
A dire il vero la voce di Pelosi ambasciatrice a Roma circolava già da diverso tempo, ma sta gradualmente prendendo quota. E ci ricorda una questione fondamentale: il capannello di militari, politici, imprenditori, giornalisti, manager alla corte di Villa Taverna è giunto su invito di un’ambasciata senza ambasciatore da un anno e mezzo.

Lewis Eisenberg, scelto da Donald Trump nel 2017, non ha infatti visto un successore subentrargli nel momento in cui la Casa Bianca passava da The Donald a Joe Biden nei caldissimi mesi di fine 2020 e inizio 2021. E così dal 20 gennaio 2021 Roma è senza rappresentante Usa, caso unico tra le nazioni del G7. Per alcuni maligni il segno della natura di periferia dell’impero della Penisola, per altri della delicatezza della sede romana, dove a oggi è stato centrale il lavoro dell’incaricato d’affari Thomas Smitham, in Italia da tre anni e dal gennaio 2021 alla guida dell’ambasciata. Smitham intrattenendosi con gli ospiti ha definito molto faticosa la gestione dei rapporti con l’Italia in questa fase di grande turbolenza geopolitica. Ma il suo percorso italiano è quasi al termine. Il diplomatico sarà presto sostituito da Shawn Crowley, ora alla guida dell’ufficio Europa Occidentale al Dipartimento di Stato Usa. Il ben informato Gabriele Carrer, analista di Formiche, ricorda che di recente Crowley ha incontrato il Copasir durante la missione americana dei suoi componenti e, soprattutto, ha alle spalle due missioni in Libia.
La necessità di ridefinire i rapporti tra Usa e Italia
Crowley giungerà in una fase critica in cui l’Italia torna a essere centrale per il fianco Sud della Nato complici le complessità dell’agenda euromediterranea dell’Alleanza. Ma davvero la sua nomina a incaricato d’affari dovrà aprire la strada all’arrivo di un’ambasciatrice di peso come Pelosi? Perché ciò accada Washington deve risolvere alcune problematiche evidenti nei rapporti con Roma: una tra tutte, la necessità di trasformare in partenariato il grande interessamento che gli Usa hanno verso l’Italia per singoli dossier e che può diventare strutturale partendo dai legami di apparato (intelligence e difesa), dagli interessi comuni in diversi ambiti (tra cui ora spicca l’energia), dalla human diplomacy e dal comune interesse per scenari come quello mediterraneo. Crowley aprirà la strada alla concretizzazione della evocata cabina di regia italo-americana per la Libia già pensata dal duo Obama-Renzi prima e da quello Trump-Conte poi, e ora riportata in auge dal tandem Biden-Draghi? Potrebbe essere il primo di una serie di passi di una relazione in cui la politica dei palazzi sembra a oggi un’incognita: gli americani si trovano di fronte a una situazione liquida, in continuo mutamento e estremamente volatile. E questo è un dato strutturale che sta portando a orientare altrove i primari riferimenti di sistema in una fase in cui il garante dell’atlantismo italico rimane, in ogni caso, il duo costituito da Mario Draghi e Sergio Mattarella.
Stanno freschi.
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Il padrone batte le mani i servi accorrono.
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Che schifo. Totale.
Inutile scendere nei dettagli.
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Di Maio è veramente inguardabile. Pensate se l’avessimo saputo 4 anni fa che andava a finire così.
Guardatelo come sta impettito, orgoglioso e spocchioso pure nelle foto.
Fiero di avere tradito 11 mln di elettori per non dover tornare a lavorare.
Non vedo l’ora che facciano dei sondaggi su quanto avrà per le elezioni, ma intanto ha distrutto la forza di maggioranza relativa, visto che Dragula non ha ottenuto l’allontanamento di Giuseppi da M5S.
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