Il fondatore scende a Roma e chiude all’ipotesi di deroghe. E su Draghi: “Non si esce per un inceneritore”. Il Movimento di Giuseppe Conte, svuotato dalla scissione, si dimena per restare a galla. Ma Beppe Grillo, in teoria l’ultima boa a cui aggrapparsi, rischia di averlo affondato.[…]

(DI LUCA DE CAROLIS – Il Fatto Quotidiano) – Il Movimento di Giuseppe Conte, svuotato dalla scissione, si dimena per restare a galla. Ma Beppe Grillo, in teoria l’ultima boa a cui aggrapparsi, rischia di averlo affondato. Potrebbe essere ferale, il colpo del Garante che in un lunedì romano di afa intollerabile e aria densa dal fumo di incendi spiega ai deputati dentro la Camera, che no, la regola dei due mandati non si tocca: “È uno dei nostri valori, un principio fondante, non possiamo mandarlo a puttane”. Quanto al governo, non si lascia, per carità, “perché abbiamo preso un impegno con Mario Draghi e va mantenuto, non si esce per un cazzo di inceneritore a Roma”. Così parlò il padre dei 5Stelle, ai suoi grillini riuniti in cerchio nella sala Tatarella. “Abbracciatemi” li esorta, e loro eseguono. Ma pochi attimi prima aveva ordinato di lasciare tutti i cellulari dentro un’urna prima delle riunioni, perché meglio non fidarsi.

Tanto la sostanza resta quella, che il Garante ha detto il contrario rispetto a quanto auspicava l’avvocato, quel Conte che sperava di convincerlo a concedere la deroga a 5 o 6 veterani di nome. E che a breve potrebbe trovarsi di fronte a una nuova emorragia di parlamentari verso i dimaiani di Insieme per il futuro. La creatura dell’ex capo politico che in serata sparge sale sulle ferite dell’ex premier: “Agli italiani del dibattito sui due mandati non interessa nulla”.

Tanto ha potuto l’irremovibile Grillo. Anche se dal giro contiano precisano che “una decisione sui due mandati non è stata ancora presa” e che Conte e l’Elevato si rivedranno per parlarne, “con ogni probabilità già oggi”. Sperano ancora in un miracolo, ossia di convincerlo. Puntano sulla trattativa, con il fondatore che esattamente un anno fa era sempre a Montecitorio, con i parlamentari, per sfogarsi contro Conte, di cui fece perfino l’imitazione. “Sono un Garante, non un coglione” scandì il fondatore, in piena guerra con l’ex premier. Più o meno 365 giorni dopo, agli eletti ha giurato che “io e Conte siamo diversi, ma il nostro rapporto è ottimo”. Però la mano tesa in cui l’ex premier sperava non si è vista, almeno ieri. Ci si riproverà oggi, con il Grillo che in giornata incontrerà anche gli altri parlamentari e i ministri.

Ma pare difficilissimo che in una notte possa cambiare qualcosa sulla regola. E che magari Grillo possa ragionare su una possibile uscita dall’esecutivo, invocata da tutta la base e da molti eletti. Su cui, va detto, anche Conte pare avere perplessità. La certezza è che il Garante fa muro. Non apre alla possibilità di salvare almeno qualche veterano di nome, sempre passando per lo scivolosissimo voto sul web degli iscritti. “Questa strada non mi convince” dirà poi ai deputati. Lo stesso concetto espresso a Conte nel lungo incontro in mattinata al Forum, l’albergo che è da sempre la sua dimora romana. L’unica via, per lui, sarebbe concedere a chi è al secondo mandato di candidarsi altrove, in Europa o a livello locale. Mentre non avrebbe nulla da ridire su ruoli nel partito, anche retribuiti. Eppure alla vigilia della sua discesa nella Capitale, Grillo era parso aprire alle deroghe. Vitali anche per permettere al siciliano Giancarlo Cancelleri di candidarsi alle primarie di centrosinistra di luglio, entro il termine del 30 giugno. Ma nel vertice romano il Garante semina dubbi, scuote la testa. “Si è arrabbiato proprio per le indiscrezioni su un suo possibile sì” assicura un big. Ma ha influito, eccome, anche l’ondata di messaggi di protesta di altri parlamentari, che non vogliono trattamenti di favore per i big.

Così il totem dei due mandati torna nel cassetto, almeno per ora. L’avvocato non riesce a fare breccia, neanche nel pranzo sulla terrazza panoramica. Tanto che dal giro contiano già nel primo pomeriggio ammettono: “Non si è trovata una soluzione, se ne dovrà riparlare”. Di sicuro Grillo non concede nulla neppure sul tema dell’uscita alla maggioranza. Raccontano che domenica sera il suo saluto lampo al Consiglio nazionale del M5S avesse una funzione precisa: “Beppe voleva impedire che parlassimo di un’eventuale uscita dal governo”. Giurano che fosse stato messo in pre-allarme da qualche grillino governista. Di certo non vuole rompere con il Draghi con cui si sentiva e si sente al telefono. “Io non voglio essere preso in giro, ma si esce dal governo con una motivazione valida” sostiene di fronte ai parlamentari.

E non può esserlo, teorizza, la norma sull’inceneritore racchiusa nel decreto Aiuti, ora in discussione alla Camera. “Però ci vogliono buttare fuori dall’esecutivo Beppe, attaccano tutti i nostri provvedimenti” gli obiettano. E lui: “Verificherò”.

Però nella lunga mattinata al Forum Grillo discute anche di soldi, con il tesoriere Claudio Cominardi. Con tutte queste uscite il M5S non sa come potergli garantire i 300mila euro dell’accordo con Conte. Le risorse latitano. Tanto che se ne è parlato anche nel Consiglio nazionale di domenica notte, a lungo. “Nell’incertezza io ho bloccato i bonifici” conferma un veterano, di quelli che meditano di abbracciare lo scissionista Di Maio: dieci, almeno a Montecitorio. Sullo strappo interno, il Garante la mette così: “Non dobbiamo provare rancore: non mi piace parlare di tradimento ma non hanno prospettive”. Piuttosto promette: “Chi vuole restare deve crederci fino in fondo, io non abbandono nessuno”. E chissà se potrà mantenere il giuramento.