(Bartolomeo Prinzivalli) – A tutti è noto come la magistratura italiana al suo interno sia diventata un’associazione soggetta a giochi di potere, simpatie ed antipatie personali, compromessi e tradimenti, avidità ed ambizione in quanto costituita da uomini, ed è giusto che a volerne limitare le libertà e rivoluzionare le norme sia un’altra associazione totalmente immune da tali debolezze umane: quella politica. Purtroppo però, non riuscendo ad agire nelle sedi parlamentari apposite, i nostri beniamini eletti sono stati costretti a ricorrere all’arma della consultazione popolare, ossia al referendum. Gazebo e bancarelle hanno raccolto miliardi di firme, ben più di quelle necessarie e dell’intera platea degli aventi diritto, poi non presentate per chissà quale amenità, forse erano troppe, per cui si è richiesto l’intervento delle regioni amiche ed infine abbiamo ottenuto l’agognato quesito, in realtà suddiviso in cinque.

Il destino beffardo però ha voluto che cotanto sforzo profuso da una classe politica meritoria si scontrasse col menefreghismo del cittadino italiano, che difatti ha disertato le urne, regalando un misero 20,1% rispetto al 50+1 necessario, il più basso di sempre.

Nonostante la presenza ingombrante di Salvini, l’esperienza ventennale nelle aule di giustizia di Berlusconi, l’apporto di personalità amatissime dal popolo come Calenda e soprattutto Renzi, la cui competenza in materia referendaria è a dir poco sterminata (nel vero senso della parola), il magrissimo risultato lascia ben pochi alibi.

Adesso si punta il dito sulla esigua pubblicità nelle reti generaliste, sulla tempistica ridotta ad un solo giorno nonostante l’accorpamento alle amministrative in mille comuni, sulle similitudini fra Palermo ed il Burundi, sul caldo ed il clima mediterraneo; infatti a posteriori si sarebbe potuti intervenire spalmando la votazione in un mese intero, organizzando eventi tipo apericena al seggio con dj Coso ed un paio di cubiste, lotterie delle tessere elettorali con estrazioni una tantum. In fondo così sono andati in fumo quattrocento milioni, sarebbe bastato investirne qualcuno in più per portare a casa il risultato.

Comunque è inutile girarci intorno, la colpa è principalmente della gente che non comprende le necessità di questo paese e pensa solo a divertirsi; non le importa che a causa della Severino i politici potranno cominciare a ladrare solo dopo essere stati eletti, a discapito del curriculum, in modo che a salvarli siano i compari di emiciclo negando un’eventuale autorizzazione a procedere; non è interessata alla seria limitazione della custodia cautelare in carcere perché egoisticamente non ha in prospettiva di delinquere nel breve periodo, dato che il suo concetto di furto al momento si limita al costo di un lettino con ombrellone annesso; forse si sarebbe mossa in caso di scelta su fine vita e liberalizzazione della cannabis, ma lì si sarebbero toccati interessi “altri” al di sopra della volontà popolare che ad un certo punto avrebbero presentato il conto, ma per fortuna l’intervento del presidente Amato con i suoi incisivi da roditore è stato provvidenziale ed il pericolo scongiurato.

È bello vedere come tanti si smarchino, gli stessi che a quorum raggiunto si sarebbero azzuffati per metterci il cappello sopra ed intestarsi i meriti, invece oggi glissano fischiettando distrattamente e guardandosi i piedi, manco se i referendum li portasse la cicogna. Certo, che cantino vittoria le forze promotrici del no o dell’astensione come se quei numeri appartenessero a loro è altrettanto demenziale, ma è un tratto distintivo dell’intera casta politica nostrana quello di arricchire la propria collezione di figure di merda, dovremmo averci già fatto il callo.

In conclusione voi che ieri siete andati al mare o altrove dovreste vergognarvi: dopo due anni di privazioni, regole demenziali, rincari mostruosi, guerre non volute da nessuno ma alimentate da tutti e prospettive nefaste potevate sacrificare un altro giorno di relax per compiere il vostro dovere. Un referendum è indice di partecipazione al futuro del proprio paese, boicottarlo significa rinunciare a conquiste fondamentali. Ricordate l’affermazione ottenuta su quello dell’acqua pubblica?

Ehm, forse ho sbagliato esempio.

Comunque, vergognatevi lo stesso…