(Giuseppe Di Maio) – Chissà che ne pensano i padri separati, le loro famiglie, le loro associazioni, della sentenza della Consulta sul doppio cognome. Chissà che ne pensano i presidenti dei tribunali del nuovo lavoro per decidere in caso di disaccordo l’ordine dei cognomi materno e paterno. Chissà che ne pensano gli ufficiali di anagrafe, gli insegnanti coi loro registri di classe, gli esperti di araldica e genealogia. Il passo incriminabile, ma fondamentale, dell’Alta Corte, dice che il cognome “collega l’individuo alla formazione sociale che lo accoglie tramite lo status filiationis”, “si radica nella sua identità familiare” e perciò deve “rispecchiare e rispettare l’eguaglianza e la pari dignità dei genitori”. Minchia! E qui la domanda sorge spontanea: e lo status filiationis, l’identità familiare, e la pari dignità di chi è stato estromesso dalla propria genitorialità?

Certo che la Consulta per quello che fa e quello che non fa, per ciò che boccia e ciò che promuove, ha proprio rotto gli zebedei ai 4/5 della popolazione italiana. Poiché non è il doppio cognome in sé che fa incazzare, ma la sfacciataggine della motivazione. Due numeri per ricordare… Dal 1970, cioè pressappoco da quando esiste il divorzio in Italia e da quando è iniziata la guerra degli affidi e di chi paga chi, i matrimoni sono ridotti a quasi un terzo; un altro decimo di percentuale appartiene alle unioni tra stranieri o miste, e ora anche gay. Questo ci dice che l’interesse degli italiani per un’istituzione vieppiù pericolosa sta definitivamente scomparendo. I numeri ci dicono che l’80% delle volte è la donna a proporre la separazione; ci dicono che i figli sono affidati per la maggior parte alla madre; che la casa coniugale va al figlio, e cioè alla madre del figlio, che dei 4 mln di padri separati troppi dormono in macchina, nei sottoscala, presso associazioni caritatevoli laiche e religiose, che il numero dei loro suicidi è impressionante. Quei numeri ci dicono che sebbene la PAS (sindrome di alienazione parentale) non esista, e che sia un’invenzione delle associazioni dei padri separati e/o dei nonni separati dai loro nipoti, si registra un ammontare altissimo di ragazzi depressi, figli di un padre esautorato della sua genitorialità.

Ora, alla Consulta, ma anche alla Cassazione, ai giudici, e al Parlamento, bisognerebbe domandare: “Signori, vi è venuto mai in mente che l’attuale diritto di famiglia e la sua pratica non garantiscono al figlio il diritto di filiazione e l’identità familiare? Vi è venuto in mente che non c’è uguaglianza e pari dignità tra le figure parentali se la quasi totalità dei genitori espropriati della loro prole è di genere maschile? E con tutto questo volete che litighino pure sui cognomi? Ci sarà di certo un disegno preciso dietro le trovate della Corte Costituzionale, e di tutte le istituzioni che non dipendono dalla democrazia, ma dal potere di padroni occulti?