(Massimo Gramellini – corriere.it) – «Io contro il Sud? Ma se ho un nonno di Taranto!» giura la conduttrice di una tv vicentina, dopo essere stata trascinata sulla pira dell’indignazione collettiva per una battuta infelice sui meridionali. (A un piccolo tifoso del Cosenza, contento per avere appena battuto il Lanerossi Vicenza nello spareggio-salvezza, aveva detto in diretta che prima o poi anche lui sarebbe salito al Nord a cercare lavoro). Sara Pinna – cognome sardo, ma forse la Sardegna non era abbastanza a Sud per fornirle un alibi – si è poi profusa in mille scuse. Perciò ci scuserà a sua volta se useremo il suo avo pugliese – il quasi metafisico Nonno di Taranto – per rimarcare il vezzo giustificazionista con cui molti, quando scivolano sulla buccia del politicamente scorretto, cercano di ricucire l’orlo del baratro.

C’è il sovranista antisbarchi che asserisce di avere un genero marocchino simpaticissimo. Il negazionista dell’Olocausto che va sempre in vacanza a Tel Aviv. Il moltiplicatore di battute omofobe che ha un migliore amico gay. E poi ancora il razzistone compulsivo che giura di avere adottato un bambino nero a distanza, il bestemmiatore seriale che organizza la giornata del sorriso in parrocchia, per finire con il contestatore della Nato che ha la colf ucraina. Medaglie al merito non richieste che sembrano suggeriregiudicateci da ciò che facciamo, anziché da ciò che diciamo. Ma non riescono a sciogliere il dubbio che ciò che dicono assomigli molto di più a ciò che pensano.