(Sandro Iacometti – Libero Quotidiano) – Per la pace, purtroppo, bisogna attendere. Ma la stretta sui condizionatori, invece, è dietro l’angolo. Il piccolo sacrificio di cui Mario Draghi, suscitando anche un po’ di perplessità, è tornato a parlare qualche giorno fa nella sua intervista al Corriere della Sera prenderà forma domenica primo maggio.

Quel giorno, festa dei lavoratori, saranno quasi tutti a casa. Ma dal lunedì successivo statali e dipendenti delle controllate del Tesoro avranno a disposizione “un grado in meno” per combattere la canicola stagionale che si prepara a farci sudare.

Eh sì, perché entrerà in vigore l’emendamento, squisitamente draghiano nello spirito ma tutto grillino nella stesura (prima firma Angela Masi e riformulazione del viceministro Laura Castelli), al decreto bollette, che dispone nuovi limiti per la temperatura, fino al 31 marzo 2023, in tutti gli uffici pubblici, tranne ospedali, cliniche e case di cura: 27 gradi, con un margine di tolleranza fino a 25, per l’estate e 19 gradi, che possono salire fino a 21, per l’inverno. Esattamente un grado di differenza rispetto alle norme, ignorate dai più, in vigore dal 2013.

CONTRIBUTO

Sarà questo, in attesa che il governo riesca a racimolare da qualche parte i 29 miliardi di metri cubi di gas con cui staccarci dalla forniture di Mosca, il nostro contributo contro la guerra in Ucraina.

Poca roba? Ad occhio riaprendo senza troppi scrupoli ambientali una centrale a carbone o evitando di bloccare per futili e incomprensibili motivi un rigassificatore o un parco eolico si potrebbe ottenere molto di più.

Figuriamoci poi dando fuoco al famoso Pitesai (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee) e iniziando a trivellare senza ritegno nell’Adriatico. Ma vuoi mettere quanto sia più ecologicamente corretto crepare dal caldo d’estate e morire di freddo d’inverno?

E poi, diciamoci la verità, l’operazione rischia di avere un altissimo valore simbolico, ma un effetto quasi nullo sul piano concreto. Per gli incorreggibili amanti del fresco è prevista una multa da 500 a 3mila euro.

Ma ve li immaginate gli ispettori che girano per gli uffici dei ministeri armati di termometro per misurare la temperatura, come dice la legge, nei singoli ambienti di ciascuna unità immobiliare?

Insomma, sul piatto, quando sarà il momento di fare i calcoli, resterà probabilmente solo quello che i sostenitori della norma chiamano l’aspetto educativo. «Mi ricorda mia madre che mi diceva “quando esci dalla stanza spegni la luce”», ha detto il ministro della Pa, Renato Brunetta.

«Dobbiamo dare il buon esempio tagliando gli sprechi e sensibilizzando i cittadini a razionalizzare i consumi», ha spiegato la cinquestelle Masi.

FAMIGLIE

Resta da capire se l’operazione “pace o condizionatori” verrà estesa anche alle famiglie. Vincoli sul caldo e il freddo esistono già. Nelle abitazioni private, ad esempio, non si dovrebbero superare i 20 gradi in inverno con fasce di accensione specifiche dei termosifoni in base alle sei zone in cui è divisa l’Italia. Si va dal 15 ottobre, a Milano e Bologna, fino al 1 dicembre a Palermo e Catania.

In questo caso c’è chi sostiene che la riduzione di un grado potrebbe portare ad un risparmio del gas di circa il 7%. Altra ipotesi è quella di intervenire sull’energia consumata dai comuni, magari attraverso la riduzione dell’orario dell’illuminazione pubblica, o dei condomini, applicando lo stesso criterio sulle luci delle parti comuni.

Ma se si procedesse di questo passo bisognerebbe interrogarsi sul confine tra la giusta riduzione degli sprechi e il razionamento dell’energia.

Quando finisce il primo e inizia il secondo? Avere il buio nelle strade o nel pianerottolo è un sano modo di affrancarci dal gas di Putin (oltre a difendere l’ambiente) oppure è una misura emergenziale che ricorda l’austerity degli anni 70? Basta intendersi.

Anche perché la diversificazione delle fonti energetiche a cui sta lavorando il governo sembra procedere a rilento, gli stoccaggi di metano sono semivuoti e nessuno vuole riempirli e dal prossimo mese scatterà il ricatto di Putin sul pagamento del gas in rubli.

Nulla di strano, dunque, se questo fosse il primo passo dell’inevitabile razionamento che lo stesso Draghi non ha escluso dal novero delle ipotesi. Ma nasconderlo dietro una specie di flash mob a favore del “friday for future” di Greta, forse, non è il modo migliore di affrontare la sfida.