Parteggiare per l’Europa è spontaneo, prendere a cuore le sorti dell’Ucraina è umano. Dopo più di un mese di interminabili servizi televisivi l’animo è eccitato, e sta interamente dalla parte dei civili bombardati da Kharkiv a Leopoli. Nei talk show che ospitano tecnici militari, giornalisti e politici, si dibatte un unico problema: che fare. I nostri beniamini della televisione annaspano in congetture, ma ognuno di loro offre una soluzione precisa a questa guerra. L’oggetto del contendere è, manco a dirlo, l’invio delle armi. Cioè, partecipare o desistere.

Io sono un pacifista, ma non a tutti i costi. Insomma reputo opportuno oppormi ad un abuso e intromettermi per porre fine ad un eccidio. Ho pensato dunque che le sanzioni alla Russia fossero i migliori provvedimenti, perché come tanti altri credo che l’attacco di Putin sia un male assoluto, senza stare a sottilizzare se gli americani siano peggiori, o se i russi avevano le loro ragioni. Purtroppo tutte le guerre sono fratricide, e tanto zeppe di contraddizioni che ogni provvedimento contro un nemico, che poco prima era nostro amico, è in fin dei conti una zappata sui piedi. Da un lato cerchiamo di rovinare Putin economicamente, e dall’altro lo finanziamo incapaci di tagliare i condotti del suo gas, di smettere il commercio con le sue aziende. E poi ci sono le contraddizioni politiche. Se la Russia non avesse il suo arsenale nucleare ci saremmo comportati diversamente; se non avesse fatto parte del Consiglio di Sicurezza avremmo certamente confezionato delle risoluzioni adeguate; se avesse riconosciuto organismi internazionali come la Corte penale internazionale, si sarebbe potuto deferirvi per intero il suo governo. Ma intanto è così, e dobbiamo prenderne atto. E cioè dobbiamo ammettere che se non si mettono al bando le armi nucleari, e non si procede contro di esse con speciali sanzioni, saremo sempre vittime delle minacce e degli abusi dei loro possessori; se non si smantella l’attuale assetto delle NU o non si avvia una nuova fase costituente, saremo succubi di un’organizzazione ferma al ’45; se non denunciamo senza sconti chi evita di sottomettersi all’autorità di organismi internazionali, non capiremo che aveva già previsto di abusare della sua forza.

Zelens’kyj mi è antipatico perché istiga l’Occidente alla guerra, ma sull’ONU ha ragione; Travaglio e Di Battista mi sono simpatici, ma la loro convinzione è assai debole; Letta mi è odioso, ma sono pronto a spegnere i termo e i condizionatori. Affidarci alla probità dei russi vincitori in breve tempo, mitigare l’opera dei molossi della guerra da lontano, sono delle idee balzane, come ci hanno dimostrato il colonnello Asanbekovich e il suo battaglione. Perciò non saprei proprio che fare. E perché dovrei saperlo? Non è una guerra che ho deciso io, né nessuno di voi. Io saprei indicarvi chi sono i veri nemici e dove abitano, compresi mogli, figli e amanti. Ma se dobbiamo inviare le armi, questo proprio non lo so. Vorrei che non ce ne fossero armi, perché le armi sono in fin dei conti un trucco, un abuso, sono gli utensili dei ladri. Che ci dilanieranno finché non metteremo fuorilegge i padroni.

Alberto De Rienzo