(Massimo Gramellini – corriere.it) – Negli anni Cinquanta del secolo scorso, il capo della Fiat Vittorio Valletta guadagnava dodici volte più di un suo operaio. Pensate: Adriano Olivetti lo considerava un divario scandaloso. Adesso Valletta passerebbe per autolesionista. Secondo i dati diffusi ieri, durante la pandemia il rapporto tra lo stipendio degli amministratori delegati delle principali aziende americane e quello dei loro impiegati è salito da 192 a 1 (che era già una discreta enormità) a 245 a 1. Forse per scongiurare infarti o guerre civili, non è stato fornito il rapporto con la paga-base di operai e fattorini, che si trovano a un livello ancora più basso della catena alimentare.

Pur essendone stato uno dei massimi beneficiari, negli ultimi mesi della sua vita Marchionne era ossessionato dall’allargarsi dell’abisso economico tra pochi arcimiliardari e un ceto medio sospinto verso la soglia di sussistenza. Non che fosse diventato improvvisamente comunista. Il suo era anche un ragionamento pratico: «Qualcuno che compri una Ferrari si troverà sempre, ma in futuro chi potrà permettersi ancora di comprare una Panda?». In questi giorni guerrieri, si parla tanto di multipolarismo da contrapporre al modello unico angloamericano, ma davvero da qualche altra parte del mondo esistono politici più lungimiranti e coraggiosi, disposti a ristabilire l’aurea regola 1:12 che fu di Valletta? Qual è il rapporto tra i guadagni di Putin e quelli di uno dei soldati-ragazzini che manda a morire in Ucraina?