Primi risultati al tavolo delle trattative in Turchia. Sia russi che ucraini parlano di passi avanti. Persino i mercati sembrano crederci: salgono le Borse, scendono i prezzi. Solo gli americani remano contro: «Dal Cremlino non arrivano segnali di serietà». Ma l’Europa non ha bisogno di benzina sul fuoco. Anche perché la grana dei pagamenti in rubli non è affatto risolta.

(Maurizio Belpietro – laverita.info) – I mercati festeggiano, convinti che dopo l’incontro di Istanbul la pace fra Ucraina e Russia sia più vicina. A rovinare la festa però arrivano le dichiarazioni del segretario di Stato americano, Anthony Blinken, il quale all’improvviso, dal Marocco in cui era in visita, ha fatto sapere di non ritenere seria la posizione di Mosca. Ora, io non so che cosa abbia spinto il ministro degli Esteri di Joe Biden a manifestare tale pessimismo. Però, vista l’uscita di qualche giorno fa del presidente americano, con cui si augurava che qualcuno togliesse di mezzo Vladimir Putin, sembra quasi che gli americani si divertano a buttare benzina sul fuoco.

Intendiamoci, tutti abbiamo pensato che se un golpe riuscisse a deporre lo zar del Cremlino, sostituendolo con un tipo più malleabile e pure meno spietato, sarebbe meglio per tutti. O quanto meno lo sarebbe per gli ucraini, che non dovrebbero più scappare dalle proprie case sotto le bombe di Mosca. Tuttavia, un conto è che a pensarlo o a dirlo sia un giornalista o una qualsiasi altra persona, un altro è che a pronunciare quelle parole sia il presidente di una superpotenza che si contrappone a quella russa. Ufficialmente, alle origini del conflitto ci sono le preoccupazioni di Putin circa l’allargamento a Est della sfera di influenza della Nato. La Russia in pratica, si sarebbe mossa temendo che le esercitazioni dell’Alleanza atlantica sul territorio ucraino, sommate a quelle fatte in altri Paesi dell’ex Cortina di ferro, fossero il preludio a un accerchiamento, politico prima, economico dopo e per finire anche militare. Si può pensare che quelli di Putin siano solo pretesti per giustificare un’aggressione ingiustificabile. Tuttavia, tralasciando la fondatezza o meno delle lamentazioni di Mosca, se si è il presidente degli Stati Uniti, non sembra una buona idea dire che bisognerebbe sbarazzarsi del presidente russo, in quanto si legittimano, seppur a parole, le contromisure e la sensazione che l’America stia manovrando per intervenire in Russia.

Così come le parole di Biden mi sono parse sbagliate (e lo sono sembrate anche a molti leader europei, a cominciare da Emmanuel Macron), un po’ fuori luogo mi sono apparse anche quelle di Blinken sulla trattativa a Istanbul. Ma come? Tutti ci auguriamo che alla fine, tra Ucraina e Russia, si trovi una mediazione e quando si apre uno spiraglio il segretario di Stato che fa? Lo chiude.

Ieri i segnali che qualche cosa si fosse messo in movimento sono arrivati, prima che dal fronte, dai mercati finanziari. Basta scorrere il listino per rendersi conto che gli investitori e i principali operatori sono pronti a scommettere su un’intesa che fermi la guerra. Le speranze di pace, infatti, hanno provocato la caduta dei prezzi dei metalli preziosi. L’oro è calato dell’1 per cento, arrivando ai minimi del mese, ma il palladio è sceso del 9 per cento, mentre argento e platino hanno perso rispettivamente il 2,6 e il 2,5 per cento. Vi chiedete perché parli di metalli preziosi, mentre in Ucraina si parla di guerra? La risposta è semplice: l’andamento di queste quotazioni anticipa di solito la soluzione positiva di qualsiasi crisi.

Del resto, non ci sono solo l’oro o il platino a dare un segnale positivo. Dopo giorni di perdite dei listini, le Borse sono tornate a segnare un rialzo: Parigi fa meglio di tutte, con il 3,08 per cento, ma seguono a ruota quasi tutte le piazze europee. Un segnale di speranza arriva anche dal mercato dei futures di Chicago, dove si trattano i cereali. Dal frumento al mais, i cui prezzi erano saliti a seguito del conflitto in quanto sia Ucraina che Russia sono i principali esportatori, all’improvviso sono quotati ai minimi del mese. Perfino il petrolio ha fatto un passo indietro, cedendo del 3 per cento.

Insomma, tutti gli investitori sembrano scommettere sulla pace e ciò che fino a ieri era scambiato a valori più alti, ieri ha subito un ridimensionamento. Ebbene, non siamo ancora alla tregua e a un trattato che ponga fine al conflitto, ma qualche cosa lo lascia sperare, per lo meno le ottimistiche dichiarazioni di chi siede al tavolo delle trattative. Dunque, non si capisce perché la Casa Bianca veda nero, rilasciando opinioni che fanno pensare alla prosecuzione dei bombardamenti. Qui non si tratta di dichiarare guerra alla Russia, che – lo ricordiamo per chi se ne fosse dimenticato resta pur sempre una potenza nucleare. Qui ciò che conta è far tacere le armi ed evitare il massacro di civili e la fuga di milioni di persone. L’Europa, che è in prima fila in questo conflitto (anche se sembra in ultima da quando Joe Biden si è intestato il ruolo di commander in chief), ha tutto l’interesse a spegnere l’incendio che è divampato alla sua porta. Ma non ha nessun interesse ad appiccarne un altro a quella del Cremlino. Ricordate i tanti che dichiaravano di volere la pace? Beh, adesso c’è qualcuno che vuole continuare la guerra per arrivare fino a Mosca?