(Roberta Labonia) – Il Governo traballa. Questo pomeriggio Draghi ha deciso di accogliere l’ordine del giorno di Fratelli d’Italia sull’aumento delle spese militari (si, quelli che le vorrebbero finanziarie sottraendo risorse al Reddito di cittadinanza). L’ha fatto senza passare per il voto, il “migliore” (!). In serata ha ricevuto Giuseppe Conte che gli ha ribadito che il MoVimento 5 Stelle non è d’accordo. Su questi presupposti, quando in aula arriverà la discussione sul Def, il documento di Economia e Finanza nel quale ci sarà da indicare anche la cifra da destinare alla spesa militare, ci sarà da ballare.

Conte, dopo l’incontro, in conferenza stampa è stato chiaro: buttare fumo negli occhi degli italiani sull’onda emotiva del conflitto russo ucraino, non è corretto, ha detto. No ad un’accelerazione: non si possono ingannare gli elettori facendo credere che questo risolverebbe il problema della sicurezza che, invece, va affrontato a livello europeo e in ambito Nato. Oggi, ha sostenuto, non possiamo distogliere lo sguardo da una crisi economica che dura da 3 anni e che ha investito famiglie ed imprese.

Conte deve essere stato estremamente determinato davanti a Draghi, non a caso, subito dopo l’incontro, Draghi è corso da Mattarella e da Palazzo Chigi è partita una nota durissima che lascia intendere che se non si rispettano gli impegni NATO del 2014 (scaturiti da un ok di Matteo Renzi durante il suo governo e fino ad oggi non rispettati), cadrà il Patto di maggioranza.

Ma la linea di Conte, che adesso sta parlando da Floris, è limpida: noi 5 Stelle siamo stati i primi a sostenere la linea delle sanzioni alla Russia, degli aiuti umanitari all’Ucraina e, con grande sofferenza, dell’invio di armi; terremo fede ai nostri impegni e voteremo responsabilmente il decreto Ucraina, ma questo nulla c’entra con la necessità di scaglionare nel tempo la spesa sulle armi: una cosa è completarle nel 2024 (ndr: pari ad un impatto di 18 miliardi!), e una cosa nel 2030. Ci sono altri Stati europei che, come l’Italia, non si sono ancora adeguati al 2% del PIL di spese militari, ha precisato. E non è oggi il momento per poterlo fare senza ulteriori contraccolpi al nostro tessuto sociale, strozzato fra una recessione alle porte e il caro bollette.

Sono orgogliosa di essere rappresentata da una figura come Giuseppe Conte: la vecchia nomenclatura politica di questo Paese ora sta cercando di farlo passare per un irresponsabile: “sta facendo campagna elettorale a scapito della stabilità di governo”, è la vulgata su cui stanno tentando in queste ore di metterlo in croce (sinistra guerrafondaia in prima fila).

Ma la verità scomoda che tutti stanno tentando di occultare è che Giuseppe Conte e il Movimento 5 Stelle (salvo qualche immancabile cane sciolto), è l’ unico, in questi giorni, a portare con convinzione nelle Istituzioni il sentiment degli italiani: in ogni partito, a cominciare dalle destre al pd, passando per il Movimento, c’è una larga fetta di elettori che non vuole che si distolgano le risorse dello Stato sul riarmo, vuole supporto sociale e investimenti produttivi.

Ma agli atlantisti de noantri che, come marionette, si stanno facendo portare a spasso dagli Usa, non gliene può fregare di meno.