Dieci giorni di conflitto, ma si può dire sia davvero una guerra? Se per cercare risposta ci si affida al generale Fabio Mini si coglie innanzitutto l’ironia anche tagliente: “Distinguiamo ciò che accade nell’Ucraina dell’est da quello che accade a Kiev […]

(STEFANO CITATI – Il Fatto Quotidiano) – Dieci giorni di conflitto, ma si può dire sia davvero una guerra? Se per cercare risposta ci si affida al generale Fabio Mini si coglie innanzitutto l’ironia anche tagliente: “Distinguiamo ciò che accade nell’Ucraina dell’est da quello che accade a Kiev: attorno alla capitale non è cambiato niente da giorni… i russi semplicemente non si sono mossi; il gigantesco convoglio avvistato giorni fa è ancora lì che attende: il suo senso è, finora, quello di fare pressione sull’avversario, ponendosi sulla linea di avvicinamento aspettando che accada qualcosa che permetta il passo successivo in meglio o in peggio. Intanto dentro i mezzi corazzati non si sta troppo male, non si consuma benzina, se c’è la vodka poi…”. Si aspetta dunque una ‘scintilla’, un evento che determini una reazione: potrebbe venire dagli ulteriori colloqui tra le due delegazioni, o dal terreno militare nell’Est o addirittura da ‘dentro’ Kiev. “Finora non mi è parso di assistere a veri bombardamenti tramite aerei o da terra. Le operazioni militari come quella avviata da Putin hanno svolgimenti pianificati con minuzia maniacale: gli stati maggiori hanno già stabilito da tempo le varie fasi e le possibili variabili: muovere oltre centomila uomini non solo non si improvvisa ma bisogna poi coordinarli nelle varie fasi di ‘penetrazione’, ‘dispiegamento’ e solo alla fine ‘attacco’. Lo diceva già Alessandro Magno: le città o si evitano o si assediano. Per questo Putin non sta facendo il fenomeno, infatti ha detto che ‘le operazioni dureranno il tempo che ci vorrà’ perché sono poi i generali ad avere l’iniziativa sul campo anche per cogliere al meglio l’‘evento’ propizio”.

A proposito di protagonisti quale è e quale potrebbe essere la sorte di Zelensky? “Un altro fenomeno, letteralmente – giudica Mini – è un attore e si è immedesimato totalmente nel ruolo”. D’altronde i ‘fenomeni’ abbondano in questo conflitto: “Biden ha un mero interesse elettorale, per il voto di mid term a novembre e ha lo scopo di ricompattare la Nato”. E così non si può escludere dal quartetto Stoltenberg che al di là della facile ironia nomen omen, ha già raggiunto il punto estremo di manovra: l’opzione che resta all’Alleanza atlantica è ormai quella del coinvolgimento diretto. Mini considera l’invio di armi un modo per “dare fastidio, complicare la situazione sul terreno e nulla più”. Su tutto questo teatro bellico domina dunque la propaganda che contiene una pericolosa tagliola: “Nel momento in cui noi stessi cominciamo a credere alla nostra stessa propaganda il gioco è fatto, e non si torna indietro: questo vale per gli ucraini, per i russi ma anche per noi spettatori più o meno coinvolti”.

Perciò solo con il prossimo passo, che è per ora in mano a Putin, si potrà capire lo svolgimento di questo conflitto che non è ancora guerra sul terreno, al contrario di quella economico-finanziaria che è già in pieno svolgimento: “I russi non scherzano e non ci tengono a fare i giullari: per loro questa situazione non è iniziata solo da dieci giorni, come per molti qui in Occidente, ma parecchi anni fa; per questo – secondo Mini – non si può escludere che proprio il loro attuale fiero avversario Zelensky possa essere una pedina per raggiungere un compromesso”; al momento non è certo che Kiev debba esser conquistata perché Putin non ne possa uscire vincitore e con in mano il Donbass. Anche perché finora è il caso di usare con discrezione la parola “catastrofe umanitaria”: “I corridoi umanitari, sempre siano attivati, serviranno a sfollare la gente e permettere così combattimenti senza ‘impedimenti’” e le immagini delle persone riuscite a sfuggire anche con i propri animali domestici dimostrano che fino a ora tempi e modi dell’avanzata russa non sono stati da ‘guerra-lampo’.