(Maurizio Belpietro – laverita.info) – «I partiti sono distanti dalla gente». Parola di Maurizio Landini, segretario della Cgil, il quale, con il solito piglio battagliero che lo contraddistingue fin dai tempi in cui guidava il sindacato dei metalmeccanici, ha concesso per questo un’intervista al Corriere della Sera. Che i partiti siano distanti dai problemi quotidiani degli italiani è cosa nota sulla quale si può convenire, e lo spettacolo dell’elezione del presidente della Repubblica ne è stata un’ulteriore conferma. Tuttavia, dal numero uno della principale confederazione dei lavoratori ci si aspetterebbe una spiegazione del perché anche i sindacati, al pari o forse più dei partiti, siano lontani dalla gente. Infatti, se i rappresentanti del popolo appaiono distaccati dalla realtà, chiusi in un limbo parlamentare che garantisce loro una congrua indennità mensile, altrettanto si può dire dei sindacalisti. I quali parlano di tutto, di transizione energetica, di bonus facciate e di Quirinale, ma non di che cosa accade di concreto nel mondo del lavoro. Stupisce, infatti, che in mezza pagina di intervista, né l’intervistatore né l’intervistato abbiano trovato il tempo di fare un breve accenno a quel mezzo milione di lavoratori che da ieri è stato escluso dalle aziende e privato dello stipendio. Stiamo parlando di chi, non essendo in possesso del green pass rafforzato, si è visto sospeso a tempo indeterminato e pure multato, espulso praticamente dal consesso civile, in quanto non essendosi vaccinato non ha più diritto non dico a consumare un pasto in un ristorante, ma anche a prendere un caffè o a salire su un mezzo pubblico. Da ieri, 15 febbraio, a un milione e mezzo di ultracinquantenni è stato tolto il diritto del lavoro, quel lavoro su cui è fondata la Costituzione. Ma Landini, il capo della Cgil, non pare essersene accorto, tanto da non ritenere utile spendere una sola parola o chiedersi come camperanno le famiglie di quei lavoratori che hanno scelto di non farsi vaccinare. Colpa loro, si dirà. Potevano decidere di porgere il braccio alla patria e avrebbero conservato il loro posto e il loro stipendio. Certo, quel mezzo milione di dipendenti «licenziati» per decreto hanno scelto di non accettare imposizioni. Si potrebbe dire dunque che la loro è una libera scelta, ma così non è. Hanno deciso di non vaccinarsi, non di perdere il lavoro o di rinunciare allo stipendio, che sono conseguenze frutto di un provvedimento del governo.

A questa osservazione, che non può certo essere messa in dubbio, se ne aggiungono altre due, che un sindacato degno di questo nome, cioè che si preoccupi di tutelare i lavoratori, non dovrebbe ignorare. Cgil, Cisl e Uil spesso si mobilitano per gli immigrati e per chi non ha rappresentanza, ritenendo sia compito loro difendere i più deboli. Ma se i clandestini hanno diritto all’accoglienza e all’assistenza, com’è possibile che mezzo milione di italiani venga cacciato dai luoghi di lavoro e privato dallo stipendio senza che in sua difesa si levi una voce? Vi pare normale che sulle pagine dei principali quotidiani, Corriere compreso, non si trovi una riga dedicata a centinaia di migliaia di persone e famiglie che pagano le tasse e contribuiscono e hanno contribuito al Pil di questo Paese? Vi sembra normale che nessuno si interroghi sul loro destino e si accetti passivamente il loro declassamento a cittadini senza diritti? È accettabile che un sindacato, anzi il sindacato, taccia e faccia finta di non vedere? In Italia si dà il reddito di cittadinanza a chi non lavora e spesso si contribuisce con questi soldi ad alimentare truffe e lavoro nero. E poi, a chi un lavoro ce l’ha, lo si toglie senza che nessuno, neppure un costituzionalista (li cito perché sono pronti a farsi intervistare su tutto, anche sulla cannabis, ma non su questo argomento) abbia qualche cosa da dire?

Fossi in Landini, invece di preoccuparmi della distanza dal mondo reale dei partiti che pure, ribadisco, c’è, mi occuperei di quella del sindacato. Anche perché, la cacciata di questi lavoratori non sarà indolore. E non soltanto per le loro famiglie, che rimarranno senza mezzi, ma anche per i conti dello Stato. Mezzo milione di persone messe a casa dall’oggi al domani sono mezzo milione di lavoratori che non producono e non consumano, cioè un pezzetto di Pil che viene meno. Ma mezzo milione di persone private dello stipendio sono anche molti disoccupati in più e molti sussidi a carico dello Stato. Conosco già l’obiezione che Landini e compagni muoveranno: questi formalmente non sono disoccupati, perché l’azienda è tenuta a conservare il loro posto di lavoro. Certo, ma siccome le famiglie non vivono d’aria, i lavoratori sospesi si faranno licenziare, d’accordo con il datore di lavoro, per poter incassare la Naspi, cioè l’assegno per chi ha perso il lavoro, qualche centinaio di euro in meno rispetto allo stipendio pieno. Risultato: lo Stato non avrà convinto a vaccinarsi chi non si è vaccinato, ma in compenso pagherà il prezzo della sua scelta. Ne vale la
pena?

Ultima domanda: vi siete chiesti, e se lo sono chiesti i vari Landini, perché in altri Paesi non hanno fatto nulla di ciò che abbiamo fatto in Italia? Per favore, non rispondetemi che grazie a Landini e compagni noi siamo più bravi.-