(Francesco Erspamer) – Dunque il tennista multimilionario che da giorni monopolizza le prime pagine dei giornali e l’attenzione dei celebrity-dipendenti, ha autocertificato il falso in relazione ai paesi visitati nei 15 giorni precedenti il suo ingresso in Australia (e chissà quante altre volte, impunemente, entrando in nazioni meno scrupolose) e da positivo non ha rispettato la quarantena. Per andare a trovare la madre morente? Perché rischiava di perdere il lavoro e di conseguenza fare la fame? Macché. Per concedere un’intervista, dunque per accrescere ulteriormente il suo ego e la visibilità che gli consente di fare un sacco di soldi, ma proprio un sacco, senza lavorare (non parlo dei premi per le sue attività da tennista, comunque spropositati: parlo dei proventi pubblicitari, che non hanno a che fare con sue qualità comunicative bensì solo con la sua riconoscibilità).

Ovviamente una multa, a meno che non fosse di varie centinaia di milioni, a lui non farebbe né caldo né freddo; e la vergogna non sa proprio cosa sia, come nessuno dei protagonisti del circo mediatico, in cui l’unica cosa che conta è il successo. Per cui chiunque abbia a cuore la giustizia dovrebbe pretendere per personaggi come lui e i ricchi in generale, pesanti pene detentive in una prigione ordinaria, mica nelle loro ville, senza neppure la possibilità di allenarsi o di twittare. Qualche mese da comune mortale, per smetterla di sentirsi una divinità al di là del bene e del male.

Figuriamoci: a milioni di italiani e centinaia di milioni di abitanti di altri paesi, tutti infinitamente meno abbienti del suddetto tennista, non importa più nulla della giustizia e tanto meno dell’eguaglianza. Vivono di intrattenimento, di gossip e di qualche briciola di piacere immediato, quello consumista, indotto dal martellamento pubblicitario. Tanto si sono convinti che a provare a cambiare le cose ci si possa solo rovinare il fegato, e anche a provare a opporsi a un’ulteriore decadenza morale e culturale. La deriva è così un’ottima scusa per non impegnarsi, resistere, lottare contro gli stronzi e contro il male. Altro che l’ottimismo della volontà di Gramsci: troppi miei contemporanei si sono adagiati in un comodissimo pessimismo che li esenta da ogni fatica, da ogni sacrificio, da ogni azione, da ogni responsabilità. E gli altri? Finché tollerano l’egemonia del conformismo liberista e coloro che la praticano, fosse pure per ignoranza o superficialità, sono complici.