Dunque il messaggio di fine anno (in attesa di quello dal Colle, nel 2022) è: sono qui, sono prestigioso, sono nonno e sarà meglio per voi se mi fate traslocare. Sennò tutti subito a casa. Un nonno al servizio delle istituzioni e pure le istituzioni al servizio di nonno Mario…

(di Silvia Truzzi – ilfattoquotidiano.it) – A questo giro aspettavamo con particolare ansia la conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio, un po’ perché è raro sentire la sua voce e soprattutto perché sapevamo che per forza o per amore Mario Draghi si sarebbe dovuto sbottonare un po’ anche a proposito dei suoi destini personali. Il premier ha parlato e più chiaro di così, per essere lui, non poteva. Proviamo a tradurre dal draghese i punti fondamentali.

Punto primo, nessuno è insostituibile e lui non è indispensabile a Palazzo Chigi: “Il governo è nato chiamato dal presidente della Repubblica, ha fatto tanto di quello che era chiamato a fare, fondamentale è stato il sostegno delle forze politiche ed è quello che conta. Le forze politiche sono quelle che hanno permesso di agire a questo governo, che non è nelle mani di individui. Sarebbe fare una offesa all’Italia, che è molto di più di un insieme di individui, è determinata da un complesso di forze, di persone e di sostegno politico che permettono di andare nella direzione giusta”. E ancora su questo punto, prima: “Quale che sia il prossimo governo, l’importante è che sia sostenuto da una maggioranza più ampia possibile (dunque non si riferisce a un governo post-elettorale, ndr). Per questo ringrazio la maggioranza perché capisco che non sia facile lavorare insieme con idee diverse e punti di partenza drammaticamente diversi. Questo governo comincia con la chiamata del presidente Mattarella, una chiamata di altissimo ordine che si è tradotta in vicinanza costante all’azione di governo. Ma la responsabilità quotidiana sta nel Parlamento così come la prosecuzione sta nel Parlamento. È il Parlamento a decidere la vita del governo quest’anno e sempre”. Santissime parole in teoria, in pratica un po’ meno perché se il presidente del Consiglio pensa davvero queste cose avrebbe dovuto ricorrere con meno frequenza ai decreti.

Secondo punto, una grattatina tra le orecchie ai partiti (di cui pare si sia rotto, e parecchio, i camilleriani cabbasisi): “Più che rivendicare di aver fatto il possibile, voglio ringraziare tutte le forze politiche: senza il loro ruolo, quello del Parlamento, dei gruppi parlamentari e la loro disponibilità non saremmo riusciti ad approvare in tempo la manovra e lo dico nella maniera più sincera”. Terzo punto, la parte difficile è alle spalle: “Abbiamo conseguito tre grandi risultati: siamo uno dei Paesi più vaccinati, abbiamo consegnato in tempo il Pnrr e abbiamo raggiunto i 51 obiettivi. Il governo ha creato queste condizioni indipendentemente da chi ci sarà”. Quarto punto (pizzino), il bivio del Colle rispetto alla tenuta del governo: “Quello di una maggioranza che si spacchi nell’elezione del presidente della Repubblica certamente è uno scenario da temere. Avendo detto che ci vuole una maggioranza ampia, anche più ampia della attuale, perché l’azione di governo continui, è immaginabile una maggioranza che si spacchi sull’elezione del presidente della Repubblica e si ricomponga nel sostegno al governo? È la domanda che dobbiamo farci”. Ultimo e fondamentale punto: Se proprio insistete… “Il mio destino personale non conta assolutamente niente, non ho particolari aspirazioni, sono un uomo e un nonno al servizio delle istituzioni”. Sappiamo che spesso la verità si nasconde nella pervicacia con cui la si nega e pure che “nonno” vuole dire Quirinale. Dunque il messaggio di fine anno (in attesa di quello dal Colle, nel 2022) è: sono qui, sono prestigioso, sono nonno e sarà meglio per voi se mi fate traslocare. Sennò tutti subito a casa. Un nonno al servizio delle istituzioni e pure le istituzioni al servizio di nonno Mario…