Ieri ha dato il suo parere favorevole all’inserimento nella cosiddetta “tassonomia europea” delle tecnologie adatte a garantire la neutralità climatica. La transizione ecologica, che poi è nei fatti una mera transizione energetica, è un grande campo di battaglia. Dando per scontato che gli ambientalisti, anche quelli famosi, non contano granché nel processo decisionale, è interessante vedere come si muove chi qualche potere lo detiene. Il governo italiano ad esempio, per bocca del ministro Roberto Cingolani, […]

(DI MARCO PALOMBI – Il Fatto Quotidiano) – La transizione ecologica, che poi è nei fatti una mera transizione energetica, è un grande campo di battaglia. Dando per scontato che gli ambientalisti, anche quelli famosi, non contano granché nel processo decisionale, è interessante vedere come si muove chi qualche potere lo detiene. Il governo italiano ad esempio, per bocca del ministro Roberto Cingolani, ieri ha dato il suo parere favorevole all’inserimento del nucleare nella cosiddetta “tassonomia europea” delle tecnologie adatte a garantire la neutralità climatica facendo, peraltro, felice anche l’ormai super-alleata Francia. Non è ancora chiaro invece quale posizione l’Italia vorrà prendere sul gas (anch’esso citato come fonte “verde” ieri da Macron): di fatto, come dicono da Fridays for Future, Roma sarà l’ago della bilancia, ma vista la passionaccia del ministro per gasdotti e affini e le mosse del governo nella guerra fredda tra Eni ed Enel la strada pare tracciata.

Tornando al nucleare, “la tassonomia, che sarà aggiornata ogni anno, deve veramente guardare avanti – ha detto il titolare della Transizione ecologica –. Io non sono d’accordo quando sento dire che si debbano escludere il nuovo nucleare o altre forme di tecnologia. Gli small modular reactors e soprattutto la fusione non possono essere fuori da un piano di visione”. Al di là del merito, che pure è zoppicante, in quale sede questo sia stato discusso e quale il mandato affidato a Cingolani e da chi è oscuro. Europa Verde chiede le dimissioni di “un ministro che, in modo autoritario e senza confronto democratico, ha deciso che il nucleare debba essere inserito come energia verde finanziabile dalla Ue” (entusiasti invece renziani e leghisti, silenti i grillini, nonostante il ministro sia stato nominato proprio in quota 5 Stelle).

Il nucleare, però, è solo un pezzo della partita che si sta giocando. Ieri, in un’intervista sul CorSera, l’ad di Enel Francesco Starace – che aveva già bocciato il ritorno all’atomo qualche settimana fa – s’è candidato a eroe dell’anno degli ambientalisti: basta idrocarburi, le rinnovabili bastano e avanzano a coprire di qui al 2050 il fabbisogno energetico mantenendo gli impegni sulla neutralità climatica. È una tecnologia che esiste, spiega Starace, facilmente migliorabile nei suoi punti deboli (le batterie) e i soldi dovrebbero andare lì, senza rincorrere la “neutralità tecnologica” (all’ingrosso: basta che faccia quel che deve, cioè ridurre le emissioni, e una tecnologia vale l’altra). Quella di Starace è di fatto la posizione degli ambientalisti e, soprattutto, dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), ma di certo non quella di altre grandi partecipate statali, a partire dall’Eni, che ieri ha ribadito la sua per bocca dell’ad Claudio Descalzi: biocarburanti, idrogeno anche non verde, chimica, cattura della CO2 (il cosiddetto Ccs, che per Starace “non funziona”). Il problema è che Eni pare avere l’appoggio dell’Esecutivo: lo stesso Draghi, secondo cui “le rinnovabili hanno dei limiti”, ha lodato la tecnologia Ccs e stanziato fondi in manovra; l’ossessione di Cingolani per il gas è talmente nota da aver stupito negativamente persino John Kerry, inviato Usa per il clima; tutto il Pnrr è innervato da piani per l’idrogeno (che va prodotto anche da fonti fossili, come ha spiegato martedì un manager Eni incontrando il plauso del ministro). Se dovesse servire a farsi un’idea, ieri accanto a Descalzi c’era pure Luigi Di Maio.