(Giuseppe Di Maio) – Per non farla lunga, ad un certo punto della storia patria, i corrotti si erano alleati tra di loro contro il partito dei non corrotti per far perdere loro le elezioni. Invece gli onesti ebbero successo, ma non sufficiente per far fuori tutti gli altri. I disonesti gridavano che chi aveva vinto le elezioni aveva l’obbligo di governare, pur sapendo che era impossibile farlo senza venire a patti con loro. Il più fanfarone dei corrotti si alleò allora con i non corrotti ma, dopo aver fatto loro sporcare le mani, cominciò a lamentarsi che questi erano il partito dei no (no alla flat tax, no al Tav, no a tutti i cantieri succhia soldi dello Stato…). Così, approfittando dell’insipienza della gente, cercò di andare a elezioni anticipate senza prima accordarsi con il Presidente della Repubblica. A questo punto si fece avanti un altro corrotto spericolato e offrì il proprio appoggio agli onesti. Dopo un po’ costui prese un manipolo di accoliti e fondò un altro partito, cominciando da qui a lamentarsi che gli onesti erano il partito del no (no al ponte sullo stretto, no ad abbassare le tasse. E più tardi, no alla gestione parlamentare del PNRR). A questo punto si faceva sempre più insistente il nome di un altro premier da sostituire quello non corrotto. Ecco la lunga serie di segnali espliciti che testimoniavano la fine dell’avventura degli onesti. Quando lo spericolato corrotto, il nuovo premier, e il Presidente della Repubblica, nonché molti altri furono d’accordo, fu annunciato un governo di alto profilo. In realtà il nuovo governo si limitò a fare esattamente tutto ciò che stava facendo quello precedente, ma con il consenso di tutte le forze politiche e di tutta l’informazione. Gli onesti che erano costretti per la loro onestà alla correttezza e al rispetto delle regole, vollero per forza credere di poter avere una parte anche nel nuovo corso, per controllare – essi dicevano – l’attuazione del loro PNRR. Fecero finta perciò che il nuovo premier fosse un onesto, che la sua politica fosse la continuazione di quella fatta da loro, finsero di non aver visto che la composizione del nuovo governo li escludeva da gran parte delle decisioni. Fecero finta di non aver capito che il complotto istituzionale che li aveva estromessi aveva giovato solo agli altri, e che nel governo i due precedenti alleati corrotti non contavano più di loro. Sopportarono che le loro leggi fossero smantellate una per una, che i disonesti si facessero leggi apposite per non essere puniti, senza mai accennare ad uscire dalla maggioranza. Li cacciarono perfino dalla RAI e li beffeggiarono senza pudore, mentre il loro falso alleato, corrotto come gli altri, non mosse un muscolo per evitarlo. Manca poco ormai. Il governo di cui anche gli onesti fanno parte è il governo più a destra della storia d’Italia da quelli del ‘58/’60 di Scelba e di Tambroni. Ogni giorno gli onesti continuano a prendere botte, ad essere esclusi e danneggiati col proprio consenso. Persino la gag di Totò “Che so’ Pasquale io?” è insufficiente per descrivere questa strategia masochista.