(di  Massimo Gramellini – corriere.it) – Se in Italia un governo scaduto da mesi e ribaltato dal voto degli elettori avesse preannunciato interventi straordinari per far fronte alla quarta ondata di Covid, ci troveremmo in uno psicodramma. Il governo uscente ma non ancora uscito verrebbe accusato di velleità golpiste e si esorterebbero i vincitori, impegnati in trattative estenuanti, a smetterla con il «teatrino della politica» e a «fare presto».

Eppure, è esattamente ciò che è accaduto ieri nella Germania di Scholz, dove però a governare è ancora la Merkel, senza che nessuno vi abbia trovato niente da dire e tantomeno da ridire.

Azzardo una spiegazione che attiene al rapporto tra attesa e fiducia. Se mi fido della macchina dello Stato e dei suoi macchinisti, cioè dei politici, accetto che occorra del tempo per elaborare un programma di coalizione. La lentezza del meccanismo è garanzia di serietà: ci mettono tanto a trovare l’accordo perché poi intendono rispettarlo davvero.

Qui invece nessuno si fida di nessuno: i cittadini dei politici, ma neanche i politici l’uno dell’altro, specie se dello stesso partito. Così si respira un clima di emergenza perenne. Le cose vanno male, bisogna sbrigarsi, ma sbrigandosi si raggiungono accordi pasticciati e posticci che ciascuno dei contraenti interpreterà a modo suo e faranno peggiorare ulteriormente le cose, al punto che dopo bisognerà sbrigarsi ancora di più.

Vedrete cosa succederà a gennaio nella disfida del Quirinale, se qualcuno non si sbriga ad assumere la Merkel come consulente.