(Giuseppe Di Maio) – In questo senso non sono mai stato un grillino. Con la caduta del muro di Berlino la stampa di tutto il mondo si affrettò a celebrare la fine delle ideologie. Si archiviò il Comunismo reale e fu dissolto il conflitto storico tra Oriente e Occidente. Derubricate a semplici narrazioni, le dottrine politiche sparirono. I panorami ideali che ci avevano fatto compagnia per tutto il ‘900 non esistevano più, e la destra e la sinistra attuali apparvero come schieramenti ostili ma senza idee. La contrapposizione tra quei due mondi, però, non era formale, e alla fine la sostanza dello scontro è stato importato all’interno delle nostre democrazie. Sebbene depotenziato, il duello storico conteneva delle idee che sono migrate altrove dando vita a quegli strani movimenti parapolitici che hanno tanto preoccupato i più avveduti commentatori occidentali. Il più politico di essi, il M5S, si è perfino vantato del suo pragmatismo, e di essere un movimento post ideologico.

Ovviamente la cruda prassi, l’ambizione di trovare una giusta risoluzione ai problemi, l’individuazione stessa dei problemi, hanno creato un guazzabuglio inestricabile di posizioni che ha avuto il solo merito di imbrigliare, per un dato tempo, molta parte del pericoloso elettorato reazionario. L’ideologia invece è fondamentale per la democrazia e per la sopravvivenza stessa della politica. Essa è la creazione umana più vicina alla ragione, la sua funzione è di guardiano della coerenza. Senza di essa, nella pletora delle opinioni istintive e strumentali, sarebbe impossibile capire le intenzioni della rappresentanza democratica, impossibile distinguere gli amici dai nemici. Senza di essa, persino la dea onestà faticherebbe a essere utile alla collettività. Senza ideologia un partito conservatore si può spacciare per progressista, uno di destra per uno di sinistra, un reazionario farabutto come Renzi può venire eletto tra gli applausi alla segreteria di un partito sedicente democratico.

Come mai nessuno dei nemici di classe, dei malintenzionati che estorcono la fiducia popolare, vuole declinare esplicitamente e dettagliatamente l’idea di società che ha in mente? Costoro si appoggiano a frammenti di narrazioni continue che possono smentire dopo qualche giorno, dopo qualche ora. Si nascondono dietro l’attualità, dietro l’apparente complessità dei fatti, e persino dietro una presunta competenza a saperli affrontare. Raccontano che il governo della società ha bisogno di un realismo e di una misura di cui solo essi possono essere interpreti. E allora, senza più i pilastri dottrinali, la politica la fanno le chiacchiere, i cronisti, i padroni dell’informazione. Ma la politica è aderenza ad un progetto di società, che non può cambiare ogni sera dopo un dibattito pubblico e un talk show.