(Andrea Scanzi – dal profilo Fb) – La celebrazione che ha inzuppato e divinizzato Roberto Benigni, dopo la sua dedica (bella, benché copiata qua e là) e la sua diversamente coraggiosa supplica a Mattarella, affinché dall’alto della sua infinita saggezza e misericordia ci conceda il bis, è stata insopportabile. Giornalisti, opinionisti, trasmissioni a reti unificate: una gara bolsa, serva e insulsa a chi riveriva di più il fu Cioni Mario divenuto ormai Don Abbondio Colto. Certo non può essere colpa di Benigni, invero sempre meno presente sui media e dunque non accusabile di cercare attenzioni e applausi facili, se chi ne parla è quasi sempre ammalato di propensione al servo encomio e al codardo oltraggio. Mica può farci niente, l’ex comico di Misericordia di Manciano in provincia di Arezzo, se in tanti ci godono proprio a plaudire il luogo comune.

È invece colpa di Benigni, e per chi scrive è colpa grave, questa sua involuzione decennale da iconoclasta meraviglioso a giullare di corte. Un’involuzione che, a Venezia, è di nuovo parsa totale e incurabile.

Ho adorato artisticamente Roberto Benigni dai suoi esordi sublimi fino a La vita è bella. Per due decenni l’ho trovato meraviglioso, soprattutto con Carlo Monni, Massimo Troisi e nei primi stralunati film. Quanto era bravo! Poi, come credo molti, l’ho perso di vista. Abile (tanto) a raccontare Dante, retorico in molti suoi interventi televisivi, pessimo negli ultimi film, irricevibile nelle sue sbornie renziane. Cosa è accaduto a Benigni? Cosa ti è successo, Roberto? Perché fai così? Come si fa a passare dal rango mirabile di piccolo diavolo a quello avvilente di diuturno celebratore del potere? Se proprio si vuole divinizzare ogni mossa e afflato di Benigni, come amano fare tanti scribi e influencer, occorre(rebbe) quantomeno ricordare anche l’altra faccia della medaglia. Pregi e difetti dell’artista: così, anche solo per porre freno minimo all’assai anticipata beatificazione. E sia, allora. Ricordiamo anche i “difetti” del Beato Roberto. Benigni è per esempio anche quello che nel 2017, insieme a sua moglie, minacciò Report di querela prima che andasse in onda l’inchiesta sui finanziamenti al cinema diffidando Raitre dal mandarla in onda. Pochi anni prima, quello stesso Benigni – con altri big e vip – aveva meritoriamente firmato l’appello a favore di Report. Come si cambia, eh? Benigni è per esempio anche quello che si innamorò di Renzi (Renzi!!!) al punto da dimenticarsi della “Costituzione più bella del mondo”, arrivando a dire che il “no” alla schiforma Boschi-Verdini “era peggio della Brexit”. Da Berlinguer a Renzi: come passare da Jimi Hendrix all’alluce valgo di Achille Lauro. Come si cambia, eh? Benigni è per esempio anche quello del clamoroso (e calcolato) falso storico nel film La vita è bella, che fece subito inorridire un maestro autentico come Monicelli. Ed è appunto anche quello che qualche sera fa, a Venezia, si è esibito nella mielosissima adulazione di Mattarella.

Come ha scritto su Facebook Cristina Correani: “Benigni ormai da anni approfitta della sua notorietà per fare politica stando molto ben attento a non disturbare il potere corrente, quello che garantisce sempre i rubinetti aperti. Il giullare che diventa cortigiano per opportunismi propri”. Sarebbe bello poter confutare un’analisi così perentoria, ma onestamente faccio fatica. Molta fatica. Peccato: il Benigni del tempo che fu non era solo bravissimo, ma pareva addirittura coraggioso e sincero. Chissà. Forse si nasce incendiari e si diventa pompieri. Forse si nasce Cioni Mario e si diventa Benigni Roberto.

(Oggi sul Fatto Quotidiano)