(Giuseppe Di Maio) – Li chiamavano idiótes, i cittadini esclusivamente privati senza cariche pubbliche. Così i Greci indicavano coloro che avevano interesse solo per le questioni personali e dei loro congiunti, e che non s’immischiavano nell’amministrazione della Polis. All’idiota era contrapposto il politicós, (da polítes = cittadino), che appunto partecipava attivamente alla vita della città. L’idiota era un individuo rozzo, ignorante, inesperto, concentrato sui propri affari, non molto distante da ciò che intendiamo oggi con la stessa parola.

Il fallimento della dimensione pubblica produce sempre un’intensificazione di quella privata. Il nostro paese ha sopportato una lunga decadenza politica dalla romanità in poi; ha visto avvicendarsi classi dirigenti straniere e nostrane che hanno occupato la sfera pubblica e oppresso le popolazioni della penisola. L’immenso serbatoio reazionario e l’alta percentuale di conservatori nascono da questa lunga assenza degli italiani dalla partecipazione politica. Dei reazionari sono note la volubilità e l’ignoranza idiota, dei conservatori la sfiducia profonda nei propri governanti. Persino l’esiguo e romantico universo radicale possiede caratteristiche generate da questa sottrazione di cittadinanza.

Con l’avvento della democrazia le tre dimensioni: personale, privata e pubblica, hanno subìto dappertutto uno sconvolgimento. Ma da noi più che altrove i registi di questo nuovo assetto sono stati gli interessi privati dominanti. Il nostro paese è un recinto. Poiché, come avrebbe detto Ferdinando il Borbone di un Sud impenetrabile protetto dall’acqua santa e dall’acqua salata, così l’Italietta, protetta e oppressa dai confini della sua espressione geografica, ha allevato una popolazione ignorante segnalata già dai primi viaggiatori stranieri. “Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa”, diceva Pasolini, e l’ignoranza è stata alimentata persino con la violenza per garantire il dominio di una borghesia scadente e fuori mercato.

Avete visto come sono prolissi i negazionisti, i no-vax e i fanatici delle libertà? E soprattutto: avete visto quanto sono numerosi? L’inedita richiesta di collaborazione popolare durante la pandemia ha ridestato lo spirito privato e le ignoranze del nostro popolo. L’emergenza ha dimostrato come il bene comune debba fare i conti con un’infinità polverizzata di interessi microscopici che impediscono un’amministrazione pubblica ordinata. Ha dimostrato che la democrazia è un progetto tra pari in cui la verità confligge con la libertà e con il consenso. Il cittadino estromesso dalla cosa pubblica per progetto dominante è stato assillato da un’infodemia ipercritica verso il governo, e irresponsabile verso l’ordine pubblico. Pochi conoscono il percorso di una legge, ma tutti suppongono di conoscere la struttura e l’azione del coronavirus. Medici mediocri, e dichiarazioni disordinate di qualche scienziato, sono i riferimenti sacri di un popolo che vuole dimostrare la sua avversione alla classe dominante. I capopopolo di destra lo sobillano in cerca di voti, incapaci di dichiarare che anch’essi si sono vaccinati.

Siamo al grado zero della democrazia, pressoché al suo fallimento. Alla fine il popolo è stato chiamato a partecipare, ma si sta dimostrando lontano dall’interesse pubblico, abituato com’è a sospettare che dietro un indirizzo collettivo si nasconda sempre un tornaconto privato. La gente si astiene dal voto ma scende in piazza contro il governo, non s’interessa di politica ma capisce tutto dei complotti. L’emergenza mette a dura prova la solidità della struttura democratica. Ma è così dappertutto, perché dappertutto il popolo è stato tradito.