(Giuseppe Di Maio) – Avere una proposta politica indeterminata è un escamotage elettorale. Il Movimento è stato una macchina acchiappa consensi avvalendosi proprio dell’indefinitezza delle sue idee. Nell’anarchia generata, la funzione di garante è servita a coprire il disordine. Se il M5S diventasse finalmente ordinato, non ci sarebbe più bisogno di garanti. Perciò è inutile che vi accapigliate a parlare di anime, di purezza delle origini, della democrazia diretta e confusionale, il problema è tutt’altro; e cioè, sempre il solito: i’ sord, addò vann’? Per rispondere a questa semplice domanda, bisogna creare una struttura forte in cui le idee trovino spazio per nascere; attraverso la forma partito diventino idee elette, fino a farsi linee politiche e strategie che per essere realizzate impongano questo leader e non quell’altro. I direttivi, che esistono per rendere perenne la pluralità di visioni, rappresentano l’esplicita volontà di non volersi liberare dall’indefinitezza e dai garanti.

Quindi torniamo alla nostra domanda, quella de “i’ sord…”. Se continuiamo a parlare di bici elettriche, pannelli fotovoltaici e connettività a un tera (tutte cose ottime), non ci interessiamo direttamente della lotta di classe. Non ci curiamo di quale sarà il peso della disuguaglianza nei prossimi anni. Invece noi abbiamo bisogno di qualcuno che parli chiaro sull’argomento. Far finta che la cosa non esista, e blandire un elettorato reazionario desideroso di provvedimenti vantaggiosi sui suoi competitors; o rassicurare l’elettorato conservatore sui diritti acquisiti, sul suo denaro, e sull’intenzione di tenere a freno le mire del ceto immediatamente subalterno, significa fare la politica di Salvini o di Letta. Ma noi siamo rivoluzionari: noi abbiamo sognato di accorciare i divari sociali, di garantire nei fatti le opportunità, i diritti, gli accessi, la giustizia, e abbiamo giurato di non consentire gli abusi che creano le disuguaglianze. Questo dicevamo con il grido di onestà, onestà.

Conte parecchie cose le ha dette, e non proprio da democristiano sociale, ma da persona cosciente che buona parte del proprio mandato arriva da un elettorato radicale. Capirà presto che i voti moderati (conservatori) sono inscalfibili, capirà presto che con quei voti non si fanno le rivoluzioni. Grillo invece spera ancora nell’equivoco con un elettorato reazionario. Spera nella seduttività della sua proposta politica, nella rete per i pesci della reazione e accusa Conte di spedire il M5S in braccio a un destino del 7%. L’esclusiva de Il Fatto quotidiano che racconta della telefonata con Draghi non ci svela trame occulte o la pazzia di Saul, svela solo la mancanza di un progetto definito, la mancanza di un’interpretazione profonda della struttura sociale.

Grillo e Casaleggio sono stati due attori di una ribellione civile che ha smosso un immenso desiderio di giustizia, ma che sono stati incapaci di controllare. Il dietro front sulla riforma Cartabia ne è la prova. Se non si capisce che dalle regole del sistema giudiziario dipende la disuguaglianza sociale, allora non si è capito niente. I ministri e i parlamentari pentastellati che appoggeranno questa riforma segnano la fine del loro mandato. Dal canto nostro non vorremmo aver fatto tanta fatica solo per dare all’Italia una bici elettrica.