(Roberta Labonia) – Sono stata la prima a sostenere la decisione del Movimento 5 Stelle quando, a febbraio scorso, ha votato la fiducia al Governo Draghi e, scanso equivoci, sono convinta della buonafede di Beppe Grillo quando super Mario gli ha fatto credere di essere uno dei nostri, un “grillino”.

Per questo non posso arrogarmi la soddisfazione di quelli che, non senza un cinico compiacimento, oggi si beano dei loro “ve lo avevo detto”.

La decisione del Movimento di aderire al governo Draghi, dopo che un mezzo uomo, un politico senza onore e senza più elettori da difendere, si era assunto la responsabilità per conto terzi di far cadere l’Esecutivo Conte, con un Paese ancora in emergenza sanitaria, un piano vaccinale alle prime battute e 209 miliardi appesi ad un Pnrr ancora da completare, è stato un passaggio obbligato. Glielo imponeva il senso di responsabilità verso la collettività che lo ha sempre contraddistinto. Lo imponeva la difesa di quei provvedimenti di giustizia sociale che a loro, i 5 Stelle, erano costati oltre due anni di duro impegno e mediazione con pezzi di quella partitocrazia senza la quale nulla avrebbero potuto realizzare. Dopo 6 mesi da che l’attuale Esecutivo governa il Paese, davanti a certi eventi, non possiamo che prendere atto: questo non è un governo di “salvezza nazionale” come ci aveva lasciato intendere il navigato Mattarella, bensì un governo di restaurazione.

Ieri Draghi ha portato in CdM (ma non era obbligato), la sua riforma della giustizia penale. Draghi avrebbe potuto dare la precedenza a quella della giustizia civile, chiesta a gran voce dalla UE, oppure alla Riforma del CSM. Invece ha dato una accellerata improvvisa al provvedimento più divisivo per il MoVimento; cogli l’attimo avranno pensato lui e la Guardasigilli Cartabia: un momento di debolezza come quello che stanno attraversando in queste ore i portavoce del MoVimento, spaccati dalla querelle Grillo- Conte, e quando gli ricapitava?

Draghi (e la Cartabia), sapevano bene che mettere mano alla giustizia penale, con la maggioranza allargata su cui poggia il suo governo, avrebbe voluto dire mettere in discussione la creatura più sofferta di Alfonso Bonafede, un ministro simbolo del MoVimento 5 Stelle; avrebbe significato rimettere in discussione la sua riforma della prescrizione.
E così è stato: la riforma portata in Cdm dalla guardasigilli Cartabia è un offesa alla storia dei 5 Stelle e ai suoi elettori. Vi diranno che il blocco della prescrizione al primo grado di giudizio rimane intatto. Falso! La prescrizione riscattera’ per improcedibilità se il processo d’appello dura più di due anni e, in cassazione, se dura più di un anno. Per i principi del foro tipo quelli che fino ad oggi hanno salvato Berlusconi dalla galera, sarà un gioco da ragazzi farla scattare. A fronte del loro si in CDM, Draghi ha fatto una misera concessione ai 5 Stelle: per i reati contro la pubblica amministrazione i tempi del processo potranno essere più lunghi senza che scatti la prescrizione: magra consolazione per loro. Quei 4 senza dio di Italia Viva sfottendo i pentastellati lo hanno definito “un contentino”. E Salvini chetelodicoafare, per lui finisce l’era Bonafede. E il peggio è che ha ragione.

Credo che anche basta. Essere responsabili ha un senso fino a che si riesce a concretizzare qualcosa di buono per la collettività, a difendere le proprie posizioni, ma dopo il blitz di ieri credo che per i 5 Stelle si chiude un capitolo della loro storia: il più buio. Ne prendano atto: sono allo sbando, senza una leadership forte che ne sappia imporre l’azione e li compatti (ogni riferimento a Giuseppe Conte è voluto), i nostri portavoce hanno perso la bussola, sono come agnelli fra i lupi, hanno tutti contro. TUTTI, nessuno escluso: ieri esponenti del Pd si compiacevano che loro osservazioni sono state accolte nel corpo della riforma.

Fabio Massimo Castaldo in un post ha messo in fila quello che ha prodotto questo Esecutivo solo nelle ultime 24 ore:
“Smantellata una parte importante del decreto dignità, sfasciata la riforma Bonafede sulla prescrizione, ancora rinviati i tagli all’editoria fortemente voluti dal nostro Vito Crimi, prorogata la norma salva-Mediaset senza colpo ferire”.
Perdere qualche battaglia ci sta. Evitare una Caporetto pure: i 5 Stelle escano da questo Governo se vogliono mantenere ancora un briciolo di dignità davanti ai loro elettori.