GIUSEPPE CONTE BEPPE GRILLO

(Andrea Scanzi) – È possibile che, dopo gli inusitati attacchi del garante del M5S nei confronti dell’ex presidente del consiglio, Beppe Grillo e Giuseppe Conte possano coabitare dentro la stessa forza politica? È lecito dubitarne. E se anche capitasse, come lasciano ultimamente supporre alcuni aspetti, non sarebbe necessariamente una buona notizia per il Movimento 5 Stelle.

Ascoltando e leggendo in questi giorni i parlamentari 5 Stelle, si assiste alla litania non poco democristiana – e non sempre sincera – del “vogliamo entrambi, sia Beppe che Giuseppe”. Vince il non scegliere. Guai a schierarsi troppo o prendere chiaramente posizione. Uno spettacolo ben poco edificante, salvo rari casi. E intanto la destra vola. Persino Renzi, in uno dei suoi tanti soliloqui, va in giro esultando – benché senza voti – e vaneggiando di un M5S morto grazie a lui. Povera stella. Forse la Diversamente Lince di Rignano ha confuso i 5 Stelle con Italia Cosiddetta Viva, lei sì defunta (ancor prima di nascere) per meriti sul campo proprio di Renzi. E’ però innegabile che il M5S stia male. Non solo: è innegabile che, da troppe settimane a questa parte, il M5S appaia (sia) noioso, inutile, morente e irricevibile.

Il tentativo di mediazione in atto da qualche giorno dentro il M5S è certo sensato. E’ evidente come Luigi di Maio e Roberto Fico stiano utilizzando tutto il loro potere per evitare una scissione che risulterebbe per loro oggettivamente traumatica. E’ sintomatico che, dei sette “saggi” scelti per cercare una sintesi, solo uno sia vicino a Grillo: gli altri sei sono contiani o pontieri. Segno che Grillo, dopo la quintalata di errori fatti e successivi insulti subiti in Rete, si è forse già messo l’animo in pace e sa di perdere la battaglia (scriteriata).

Come farebbe però Conte a esercitare la leadership dei 5 Stelle avendo ancora tra i piedi Grillo? Il comico e co-fondatore del M5S, dopo averlo scelto, lo ha trattato come una sorta di mezzo incapace, usando toni sprezzanti che sarebbero parsi verosimilmente eccessivi persino se il cosiddetto Elevato avesse preso a bersaglio un Gasparri o un Genny Migliore.

Viene da pensare che Di Maio, e non solo lui, più che cercare di tenere insieme Conte e Grillo in quanto tali, stiano operando per permettere a Conte di sfruttare il brand del marchio “M5S”, che ancora – elettoralmente parlando – ha un certo peso. Tentativo politico legittimo. Forse addirittura doveroso. Se però Conte diventa leader del M5S, la precondizione obbligatoria è che nel frattempo qualcuno dentro il M5S abbia fatto politicamente fuori Grillo.

Praticamente impossibile. Oppure che Grillo, di colpo, sia divenuto calmo, quieto e disinnescato: una sorta di soprammobile politico. Improbabile. Se poi invece Conte accettasse di stare nel M5S con ancora dentro un Grillo molto forte, dimostrerebbe di essere un discreto babbeo. E non pare il tipo.

La rottura è stata troppo violenta e brutale. E’ tempo di scegliere. Per tutti. Anzitutto per i 5 Stelle. Se vogliono Conte, o disinnescano – sul serio – Grillo, oppure escono dal M5S e lo seguono in un nuovo soggetto politico. Se invece non vogliono Conte, e molti deputati non lo vogliono, la strada è solo una: escono subito dal governo, fanno rientrare i pasdaran à la “Morralezzi”, danno il Movimento in mano all’unico che può tirarlo su (Di Battista) e diventano – per sempre? – una forza antagonista minoritaria e d’opposizione, ma con una sua logica.

Va bene tutto, però scelgano. La finiscano con questa litania vagamente paracula del “vogliamo Conte e pure Grillo”. E la smettano con questo avvilente Asilo Mariuccia a cielo aperto.

(Oggi sul Fatto Quotidiano)