(Giuseppe Di Maio) – Ora la chat s’è fatta silenziosa, e silenzioso il profilo social. I miei amici del canale pubblico del M5S sono scomparsi; qualcuno accenna ancora ai cari temi che assicurano la presenzialità, ma con fiacchezza. Nessuno prende parte alla contesa. La democrazia è sospesa. Sospeso è il giudizio, sospese sono l’intelligenza, la consorteria. La folla degli arrampicatori eternamente candidati non pronuncia parola, come se da quella dovesse dipendere la sicurezza della nazione. Così come i parlamentari 5 stelle. Solo pochi capetti, con molta fatica, hanno emesso parole di riconciliazione cantando il valore dei rispettivi leader. Qualche sparuto talib dell’amore per Grillo ha ripescato una serie di sentimenti traditi: uno su tutti la riconoscenza per l’occasione a tutti offerta dal Beppe nazionale.

Non così il popolo dei social. Che conta invece un’attiva maggioranza di contiani: alcuni osannanti le sue virtù di mediazione, di correttezza e di compostezza; qualche isolato che indica nel lavoro del premier una via d’uscita dalle nebbie della pseudo-ideologia grillina, e dalla falsa democrazia diretta di Casaleggio. Poi ci sono gli oppositori. Aggressivi, offesi, illogici. “Se dici così, allora non sei mai stato del M5S”. Ognuno di essi crede di avere la primogenitura del Movimento, ognuno di essi crede a parole nella democrazia diretta… da Grillo. Ognuno di essi scambia per categorie politiche: la gratitudine, l’amicizia, la franchezza, etc, tutto un corredo di virtù private. Non vedo l’ora di cessare di dividere con costoro la fede politica.

Alcuni si reputano attivisti perché hanno potuto giocare a mettere la spunta sui quesiti di Rousseau, e non amano il verticismo di Conte, di cui disprezzano il desiderio di voler comandare tutto, di decidere tutto a scapito di… (Grillo?) Che confusione la democrazia! Ognuno se ne fa una copia tascabile, così come s’era fatto un’idea del Movimento che stava cambiando l’Italia. Grillo aveva sobillato il desiderio di partecipazione, e una miriade di cittadini si è sentita chiamata in causa senza verificare l’idea di nazione proposta, o i propri interessi. L’impegno civile aveva avuto un impeto di risorgenza, ma la coscienza restava ancora immota; e nessuno, meno che mai il grillismo, la risvegliava. Il sicuro porto della post-ideologia poteva consentire a chiunque di farsi la sua idea, di criticare l’oratore dall’ultima sedia, di spargere concime sui social, e persino di candidarsi, diffondendo per ogni dove le sue virtù di simpatia amicale.

Tutto tace.

Ma tra quei pochi che si stanno allenando a ragionare oltre a spuntare i “Beppe, dicci chi ti sta ricattando?” oppure, “di sicuro sta cercando di salvare il figlio Ciro”, c’è anche chi individua nel doppio mandato, nella continuità stipendiale, le ragioni del silenzio pentastellato. Caro il mio Beppe, l’onestà per andare di moda avrebbe dovuto essere incastonata in regole severe, dentro strutture gerarchiche e territoriali, con strumenti cogenti di verifica, e non rinviando le contraddizioni alla volontà manipolabile della rete. Esattamente quello che al contrario garantirebbe Conte, esattamente quello che si deve fare. Poiché così sarebbe ora la speranza pentastellata (se non ci fosse l’attesa per Giuseppi e il suo partito), come una cosa in rovina e abbandonata.