(di Massimo Gramellini – corriere.it) – Chi ha paura di invecchiare male segue con interesse, ma anche con una certa apprensione, la parabola umana dell’attore Enrico Montesano. Lo spirito arguto che si incarnò in maschere indimenticabili, dal conte Tacchia a Er Pomata, si è trasformato in un anziano incattivito sospettoso, lanciato con accanimento nell’impresa di cancellare le impronte affettuose del suo passato. Montesano ha affidato a Facebook una soffiata sensazionale: il sangue donato dai vaccinati coagula e dunque sarebbe inservibile. «N’Apocalisse» avrebbe detto il suo Felice Allegria. Montesano l’ha attribuita nientemeno che a una gola profonda dell’Avis. E quando l’Avis ha smentito la bufala, si è difeso dicendo di averla messo in circolo proprio perché qualcun altro la verificasse. «Ma che vor’ dì?» avrebbe commentato sempre Felice Allegria. Intanto però qualche donatore si sarà fatto prendere dai dubbi e dai sensi di colpa. I quali, una volta attivati, rimangono in circolo per un po’, di solito ben oltre la durata effimera della sciocchezza che li ha provocati.

Osservando le impennate all’arrabbiata della sua ultima interpretazione, il MontesaNovax, ci si domanda se l’invidiabile privilegio della vecchiaia – poter finalmente dire e fare quel che ti va, senza essere più costretto a rispettare le convenienze – non si trasformi talvolta in un sopruso inaccettabile: infischiartene degli effetti che la tua presunta affermazione di libertà può avere su quella degli altri.