(Giuseppe Di Maio) – La spesa per il Welfare in Italia è pressoché in linea con quella degli altri paesi europei; anzi, è addirittura superiore alla media. Se però andassimo a verificare singolarmente le voci di spesa, vedremmo che essa è concentrata su quella pensionistica. Sanità, protezione alle famiglie ed inclusione sociale, sono molto al di sotto delle medie dell’Unione.

Tra i provvedimenti di epoca covid a protezione del lavoro e dei lavoratori, il blocco dei licenziamenti è stato tra i più efficaci. Dal canto suo, in questo infausto periodo, il cosiddetto reddito di cittadinanza ha salvato molte vite umane. Se però vogliamo considerare quanto la misura sia servita a invertire il senso della distribuzione della ricchezza, cioè quanto abbia mitigato la disuguaglianza, dobbiamo ammettere di essere solo all’anno 1 della nuova era. La richiesta di ulteriori passi avanti nella giustizia sociale è ancora inascoltata, ha ancora troppi oppositori.

Si avvicina con preoccupazione la data del 30 giugno a cui è tuttora fissato il blocco dei licenziamenti, e si fa sempre più concreta la previsione senza iperbole di una catastrofe sociale. Altri paesi europei, che durante le crisi dei subprime e dei debiti sovrani sottolinearono quanto in Italia la depressione del mercato interno fosse stata colpa delle mancate misure di welfare, anche adesso non vivono l’angoscia dei licenziamenti come la viviamo noi. Il reddito di cittadinanza, misura minima di civiltà, è purtroppo ancora legato alla ricchezza individuale, perciò è incapace di soccorrere le nuove povertà nate dalla distruzione dei posti di lavoro.

La tragedia collettiva del covid ha invece bisogno di decisioni inedite, ha bisogno di istituire in maniera duratura e non temporanea un salario minimo per chiunque abbia perduto il lavoro, così com’è negli altri paesi europei. Certo è che, se non si vuole far saltare i conti dello Stato, bisogna prendere soldi da altre voci di spesa. Bisogna prendere cioè dalle pensioni, che da noi hanno la spesa percentuale maggiore e il maggiore divario nell’Ocse. Ma c’è Mario al governo. C’è un parlamento accozzaglia buono per prendere dai fondi del Recovery, ma non buono per dare ai ceti svantaggiati.

E se qualcuno proponesse una riforma che chiede l’Europa, allora sguaieranno le vestali dei diritti acquisiti, dei soldi regalati agli addivanati, ai mangiatori di spaghetti al pomodoro, perché questo paese ha uno Stato idoneo a trasferire la ricchezza dalle tasche dei poveri a quelle dei ricchi, ma totalmente incapace del senso inverso. Perché la nostra ingiusta Italia ha un blocco sociale di miserabili attaccati ai loro stipendi e alle loro pensioni, che non sarà sciolto attraverso la democrazia.