(Roberta Labonia) – In politica non importa ciò che fai, importa di quale parrocchia sei, di quali poteri forti ti circondi e chi ti sostiene. Ad esempio, se a Roma votate Carlo Calenda, quello che si crede il più paraculo del bigoncio, votate Confindustria. Lo ha ammesso lui stesso, oggi, replicando su twitter ad un articolo del Fatto Quotidiano di ieri (lo potete leggere nel mio blog): ” imprenditori di mercato, eccellenze nei rispettivi settori, credono che occorra fare qualcosa per Roma. In maggioranza sono del Nord”, ha ribattuto. Parliamo del gotha industriale italiano, fra cui quel Carlo Bonomi che di Confindustria oggi è il Presidente. Personaggi che gli stanno sostenendo la campagna elettorale a Carletto il superbone e che solo nell’ultimo anno gli hanno sganciato 370 mila euro: roba da far scendere l’armata leghista dalla Lombardia e dal Triveneto a Roma a batter cassa, già il giorno dopo che il Carletto, malauguratamente, si dovesse insediare in Campidoglio.

E non è che votando il candidato il centro destra, chiunque esso sia, andreste meglio, cari concittadini: l’ultima consiliatura che hanno sostenuto i meloniani de noantri con i lacchè romani del pregiudicato di Arcore e’ stata quella del fascio Alemanno, uno che, da un filone del processo “Mondo di Mezzo”, così come TANTA nomenclatura del centro sinistra romano, ne è uscito con una condanna di 6 anni in appello per corruzione. Questi sono stati i pesanti strascichi giudiziari scaturiti dal sodalizio capitolino bipartisan con la premiata ditta by Rebibbia Buzzi&Carminati.

Oggi nel centro destra, come nel centro sinistra, ‘stanno a corto di facce nuove e presentabili da opporre a Virginia su Roma, tanto da dover ripescare, i primi, un decotto Bertolaso, da cui si sono visti dir di no. E i secondi uno sbiadito Roberto Gualtieri.

Del resto competere con una Raggi, un’outsider della politica, invisa a tutta la partitocrazia tronfia di rendite di potere e a tutta la stampa schierata (mentre scrivo la stanno massacrando in diretta su La7), non è facile: a quasi 5 anni dalla sua elezione, non solo non si è lasciata contaminare dagli uomini di “sistema” e dai padroni del capitale che li sostengono, ma continua a farsela con gli ultimi fra i romani, quelli che nella Capitale vivono nelle case popolari delle borgate (dove lei stessa vive ancora), e con i piccoli commercianti che si sudano la giornata. Lei è una che non bazzica i salotti buoni della Capitale ma che in questi anni di mandato ha fatto pastetta con i preti che si sbattono nelle piazze per sottrarre manovalanza giovanile al racket della droga. È a lei che i clan mafiosi romani hanno dichiarato guerra. È lei ad essere finita sotto scorta per le minacce al tritolo ricevute, mica Veltroni, Rutelli, Alemanno e neanche un altro fuori dal sistema come è stato il piddino Marino, fatto fuori dal suo stesso partito. Perché è scomoda, la Raggi, quando va ad abbattere le ville abusive dei Casamonica che 4 amministrazioni prima di lei hanno fatto finta di non vedere.

Virginia è quella che i grandi eventi li ha ricominciati a mettere in cantiere solo dopo aver rimesso a posto i conti che quelli bravi avevano incasinato lasciandole in eredità un buco finanziario di 14 miliardi di euro. Così come avrebbe fatto un buon padre di famiglia. E se poi questo le è costato l’isolamento politico se ne è fatta una ragione. Da lei la politica del “panem et circenses”, cari cittadini, non ve la dovete aspettare, al massimo partorirà un altro “Spelacchio” di cui è riuscita a fare un simbolo di Roma in tutto il mondo. Ne’ vi dovete aspettare, cari romani, mmuine acchiappa consensi, ma solo puntuali rendicontazioni del suo operato giornaliero, perché voi siete i suoi datori di lavoro, non altri.

Stasera, dall’infido Floris, preannunciata dalla sguaiata imitazione della Guzzanti e sottoposta al linciaggio premeditato dei soliti noti (fra cui una tizia che non sa distinguere milioni da miliardi), Virginia Raggi ha pronunciato parole di grande onestà intellettuale: “Sono cresciuta a pane e mazzate. Sono stati fatti anche degli errori, 5 anni fatti come li ho fatti io valgono come 15 in un ministero. Gli errori sono stati dettati anche da inesperienza, oggi però ho grande conoscenza della macchina amministrativa, la città è piena di cantieri. Da cittadino dico che se non si andasse in continuità Roma si fermerebbe, sarebbe una tragedia”

Conoscendo chi sono i suoi sfidanti, c’è da crederle.