(di Giacomo Salvini – Il Fatto Quotidiano) – Ventidue febbraio, esterno Montecitorio. Dopo aver ricevuto i rappresentanti dei ristoratori “disobbedienti” di #Ioapro, Matteo Salvini scende in piazza con loro, con tanto di maglietta e megafono. Il giorno dopo, il premier Mario Draghi lo convoca a Palazzo Chigi per chiedergli di “abbassare i toni”. Neanche due mesi più tardi, in quella piazza, gli stessi ristoratori, fomentati da frange dell’estrema destra, provano a sfondare la linea dei poliziotti per entrate nel Palazzo. Ma Salvini non c’è.

Stavolta non può esserci perché il governo di cui la Lega fa parte in due mesi ha approvato due decreti che hanno chiuso l’Italia col lucchetto. Salvini non solo non si presenta, ma si trincera dietro un inusuale silenzio. Anche fisicamente è lontano (“è a Milano con la famiglia”) e i suoi si affrettano a specificare che con quella manifestazione “la Lega non c’entra”. Però poi nel primo commento, 24 ore dopo, c’è tutto l’imbarazzo del Salvini di lotta e di governo: “La Lega è dalla parte di chi protesta pacificamente e chiede di riaprire le proprie attività, se i dati sanitari lo consentono. No a chiusure ideologiche”. Non proprio un modo per dissociarsi dagli “sciamani” nostrani alla vigilia dell’incontro di oggi tra Draghi e i governatori che chiederanno di riaprire.

Contraddizioni che si riflettono sullo stato d’animo del leader: “Matteo è un leone in gabbia – è la metafora di chi ci parla quotidianamente – per adesso continua a ruggire ma se inizia a mancare l’aria, poi il leone muore”. E allora, dopo gli ultimi provvedimenti sulle chiusure e con i sondaggi in caduta libera, in Salvini inizia a balenare l’idea di un “Papeete bis”: resistere fino a fine luglio, quando inizierà il semestre bianco e non si potrà più votare in attesa dell’elezione del capo dello Stato, e poi staccare la spina al governo. Un modo per non farsi stritolare a destra da Giorgia Meloni dopo aver inciso su vaccini e Recovery e lasciando alla sinistra tutto il peso di un governo che dovrà fare scelte difficili. Una suggestione rilanciata dai sovranisti Borghi, Bagnai, Siri e mr Papeete, Massimo Casanova (la “corrente del Papeete”) ma anche dell’ala filo-salviniana dentro FI: “Questo governo prima finisce meglio è” si dice da quelle parti. Diversa l’opinione dei “governisti” nella Lega (ribattezzati i “professorini”): Giorgetti, Garavaglia, Centinaio e Zaia pensano che questo debba essere “il governo della Lega”. Ma il segretario è di tutt’altra opinione.