(Giuseppe Di Maio) – Si sono stancati. L’agone politico che stavano costruendo non li ha protetti dai continui attacchi del nemico. Avevano pensato ad un futuro post-ideologico dove le cose da fare non avessero colorazione: dove non fosse possibile distinguere la destra e la sinistra, e dove fosse giudicata solo la bontà dei provvedimenti. Così sono diventati un partito di cose, non di idee, un partito di fatti concreti. E poi hanno spaventato tutti. Tutti quelli che non hanno creduto alla neutralità delle loro posizioni. Allora i padroni della produzione e del consumo, i prenditori di risorse collettive, i camerieri delle lobbies, i servitori dell’informazione, gli allocati della funzione pubblica, tutti insieme: cieli, cornici e gironi hanno tremato per i denari e le carriere.

Ma adesso i pentastellati si stanno disfacendo. Poiché dovevano essere le idee e le strategie che da esse sorgevano a tenerli uniti. Invece ognuno le ha allevate per conto proprio: ognuno ha creduto di esserne il solo portavoce. Chi crede nel click collegiale con le domandine studiate, chi nella purezza entusiastica delle origini, chi nel primato della politica e del compromesso. Ciascuno pensa di essere il difensore di verità indiscutibili. E invece sono solo passanti, interpreti momentanei degli eterni sogni dell’uomo. Passanti che non hanno capito quanto la concretezza delle cose possa uccidere l’orizzonte del sogno.

Ciò che il Movimento ha smosso è stato un enorme deposito di inquietudini legittime e meno legittime ammassate nell’universo reazionario. La vis eversiva ad esse legate ha regalato il successo del 4 marzo del 2018. Attonito è restato il mondo conservatore, sostanzialmente inscalfito dal terremoto elettorale. Con l’introduzione dei provvedimenti reali è stato eroso l’orizzonte del sogno collettivo, e il potere taumaturgico del Movimento è velocemente declinato. E’ inutile pensare altrimenti: il consenso e la mobilitazione elettorale purtroppo sono eventi più onirici che razionali. E siccome i 5 stelle hanno fatto (in parte) proprio ciò che promettevano, hanno sottratto alla politica – che è soprattutto manipolazione della fantasia generale – buona parte della sua tensione utopica e messianica. Baffone è arrivato, ma era meglio quando lo aspettavamo.

Così la biodegradazione è stata anticipata. Ha preceduto il compimento del programma elettorale, che prevedeva appunto il dissolvimento del Movimento non appena la società non avesse più avuto bisogno del progetto delle stelle. Purtroppo l’illusione di confezionare provvedimenti solo buoni o cattivi, neutrali rispetto all’ordine sociale, costituisce la maggior debolezza dottrinale dei pentastellati. Viceversa, l’ideologia è un orizzonte incorruttibile protetto dalla concretezza delle politiche reali; ogni nuovo decreto non diminuisce ma aumenta la potenza del sogno collettivo.

I ragazzi del Movimento si sono trovati di fronte a una folla di nemici giurati e di beneficiari ostili alla loro politica. Finché si sono stancati. Quelli che correttamente non beneficeranno più di un altro mandato saranno sbattuti nella vita reale dove troveranno altri problemi. Tirarsi ancora addosso le frecce degli avversari, senza nemmeno la gratitudine  della gente, è sempre più arduo. Di Maio prende il suo trolley per un nuovo viaggio, ma si vede che non ha più l’entusiasmo di una volta. Si vede che non vede l’ora di passare ad altri il peso della contraddizione.