(di Luca De Carolis – Il Fatto Quotidiano) – Il rifondatore ha tanto da fare e soprattutto da decidere, ma non ha particolare fretta.

Giuseppe Conte vuole chiudere il suo piano per cambiare faccia e struttura al Movimento dopo Pasqua: forse anche un po’ più tardi, nella speranza che nel frattempo la rogna Rousseau venga risolta in qualche modo, possibilmente dagli altri. Ma i Cinque Stelle di fretta ne hanno. Sono preoccupati, perché vedono l’Enrico Letta “che in pochi giorni da segretario del Pd ha già fatto le nomine nel partito e lanciato temi”, dallo ius soli al voto ai 16enni. Soprattutto, non riescono a venire a capo della trattativa con Davide Casaleggio, che morde, pretende soldi, rilancia, mentre loro vorrebbero liquidare lui e la sua piattaforma con una buona cifra, e poi salutoni.

Ma quella con il patron di Rousseau è una battaglia che si è fatta guerra di posizione, per giunta disseminata di botole legali. Così ecco l’idea del Movimento per tenersi in equilibrio: da un lato insistere con Conte perché chiuda almeno subito dopo Pasqua, dall’altro lavorare a un’alternativa a Rousseau per votare (ratificare) altrove il piano di rifondazione dell’ex premier e annessi e connessi, come l’organo collegiale che dovrà affiancare Conte.

Altrove, prima di definire il progetto di una nuova piattaforma (avviato ma ancora da limare) a oggi potrebbe significare anche cambiare proprio mezzo. Ossia ricorrere alla Pec, la posta elettronica certificata, come strumento per far affluire i voti degli eletti e dei “semplici” iscritti. Certo, c’è il nodo per nulla irrilevante che l’elenco degli iscritti lo ha in pancia Rousseau, e non ha mai voluto condividerlo con il M5S. Ma si sta studiando come ovviare. Di certo se ne discute, ai piani alti del Movimento. Ma si ragiona anche di molto altro.

Per esempio di terzo mandato, nodo che è stato nuovamente riproposto a Conte, e che potrebbe essere risolto sottoponendo gli eletti con due legislature in Parlamento a un recall, cioè a una verifica da parte degli iscritti, anche in base a criteri meritocratici più o meno oggettivi. Poi c’è l’argomento segreteria. Conte vorrebbe un organo non affollato dai soliti big, anche per favorire un ricambio e costruire una classe dirigente. E intanto deve tenere conto della spinta delle donne 5Stelle, che come accaduto nel Pd (per ora, senza quel clamore) reclamano più spazio e più ruoli. Così ad aspettare una chiamata ci sono l’ex ministra all’Istruzione Lucia Azzolina, attivissima su agenzie e social, e la viceministra al Mise Alessandra Todde, manager sarda stimatissima dal contiano doc Stefano Patuanelli (ex ministro al Mise, che le aveva affidato la delicata delega alle crisi aziendali). E proprio Todde ieri è uscita allo scoperto: “Le donne nel Movimento hanno dimostrato la loro capacità, credo sia importante sostenere nomi come quello di Chiara Appendino e tante altre, e ripartire da questi per costruire una segreteria di donne”. Conte sa e riflette, mentre lavora al nuovo Statuto e a un M5S con coordinatori regionali, aperto il più possibile ad associazioni e società civile. Un Movimento che in queste settimane ha perso decine di parlamentari tra espulsioni e addii, tutti fuori per aver detto no al governo Draghi.

Un danno anche economico, per i gruppi parlamentari. Per questo sono ripresi i segnali verso alcuni fuoriusciti. E la richiesta ufficiosa è sempre quella: impegnatevi a dare fiducia a questo esecutivo, e vi riaccoglieremo. Un’altra pratica sul tavolo di Conte, perché tra i cacciati c’è più di un contiano. E può sembrare paradossale, ma in fondo non lo è.