(Francesco Erspamer) – Andrea Agnelli è nel campo dell’imprenditoria ciò che Renzi è in politica: la perfetta personificazione del neocapitalismo liberista, un sistema che consente ai mediocri, purché ricchissimi e supponenti, di sentirsi e venire considerati vincenti solo perché ciò che fanno, non importa come e a che prezzo, è considerato un successo dai loro media e dai loro immensi apparati pubblicitari. “Successo” e “desiderio”, i due concetti chiave del nostro tempo, il primo a indicare gli effetti, il secondo le cause, tutti virtuali, vuoti, e pertanto riempibili di ciò che in quel momento fa comodo ai potenti.

Facile dominare il campionato italiano quando si spendono miliardi per acquistare i migliori giocatori in circolazione, spesso al solo scopo di privarne le squadre concorrenti. Facile ottenere la simpatia degli arbitri e dei giornalisti quando si ha alle spalle un impero finanziario come quello degli Elkann, un tempo italiano e oggi americano, inglese e olandese in modo da pagare meno tasse e potersi così permettere, appunto, giornali, telegiornali e celebrity, incluso un costosissimo ex campione come Cristiano Ronaldo. Del resto Agnelli è uno dei più aggressivi sostenitori della creazione di un campionato europeo riservato a poche società miliardarie.

È un mondo marcio: perché avido e dunque corrotto ma soprattutto perché inetto, tragicamente inadeguato. Gli dèi e semidei che guidano e in larga misura posseggono la nostra società la stanno distruggendo; neppure intenzionalmente, purtroppo, perché se sapessero quello che fanno magari riuscirebbero a cambiare e redimersi. No, sono troppo arroganti e troppo stupidi, per cui non riusciranno mai a liberarsi dei loro peraltro comodi dogmi, della loro autoreferenzialità. Continueranno sino alla fine, loro e nostra, a dissipare le enormi risorse naturali, economiche e culturali ereditate dalle precedenti generazioni. Come lo scorpione della favola, che punge la rana che lo stava traghettando al di là del fiume uccidendo così anche sé stesso, non sanno fare altro: è la loro natura.

Il mio unico dubbio è se le decine di milioni di italiani ordinari (nel mondo, miliardi di persone) che senza trarne alcun vantaggio reale li venerano o comunque li sopportano, lo facciano per lo stesso motivo, ossia perché quella di servi è la loro natura; o se ci sia la possibilità che un giorno prendano coscienza. Certo l’incapacità della gente di ribellarsi almeno alla ridicola dittatura dei miliardari del pallone, che hanno trasformato il gioco più bello del mondo in un baraccone pubblicitario e in una palestra di immoralità, non incoraggia l’ottimismo.