PERICOLO IN CLASSE – INIZIA LA SERRATA IN MEZZA ITALIA

(di Lorenzo Giarelli e Andrea Sparaciari – Il Fatto Quotidiano) – Quasi sei milioni già da oggi, più di 7 milioni e mezzo, ovvero nove ragazzi su dieci, tra qualche giorno. Sono i numeri degli studenti costretti alla didattica a distanza, in virtù delle regole approvate settimana scorsa dal governo e delle varie ordinanze regionali. Il tutto mentre la Lombardia, un anno dopo la prima zona rossa, torna nella fase 4 dell’emergenza, la più grave.

Il lockdown delle aule è reso inevitabile – nelle idee del governo – dall’impennata di contagi tra le fasce di popolazione più giovani. Il precedente esecutivo aveva stabilito di non rinunciare alla didattica in presenza almeno per i bambini della materna e delle elementari, anche nelle zone più colpite dal virus. Adesso la rotta è invertita e così da oggi sono a casa tutti i ragazzi e i bambini nelle zone rosse (Campania, Molise, Basilicata, oltre a diverse province sparse per l’Italia), quelli della Lombardia (zona arancione scuro), di buona parte del Piemonte e dell’Emilia Romagna (dove sono state isolate le aree più a rischio). Senza dimenticare le zone sottoposte a ordinanze locali (Puglia, Abruzzo, Alto Adige) che limitano gli accessi a scuola.E come se non bastassero i colori e le loro sfumature, ad aggiungere confusione ci ha poi pensato il governo: in un primo momento una circolare del ministero dell’Istruzione aveva chiarito che la didattica in presenza fosse sempre garantita per “l’uso di laboratori”, per gli alunni “con disabilità” e per i figli “di personali sanitario o di altre categorie di lavoratori le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali”. Se non fosse che ieri una nuova nota del ministero ha sconfessato quest’ultima eccezione, sbianchettando i figli dei lavoratori “essenziali” dai casi in cui è prevista l’attività in presenza.

A preoccupare, poi, c’è la tendenza dei contagi: secondo Tuttoscuola, presto le chiusure totali delle scuole potrebbero riguardare anche Lazio, Veneto e Toscana, oltre alle province ancora “salve” di Piemonte e Emilia. Calcolatrice alla mano, si arriverebbe al 90 per cento di alunni costretti a casa, 7,6 milioni su meno di 9. D’altra parte l’allarme c’è e anche il ministro della Salute Roberto Speranza, intervenuto ieri a Mezz’ora in più (Rai3), non si nasconde: “Mi aspetto che l’impatto delle varianti possa far crescere la curva e che altre Regioni vadano verso il rosso”. Con il governo che presto potrebbe correggere il dpcm appena varato, restringendo le misure fino a Pasqua, perché in questo senso a poco serve l’ottimismo sui vaccini ribadito ieri dal ministro: “Entro fine estate conto che tutti gli italiani potranno essere vaccinati”.

L’ultimo bollettino non è confortante: 20.765 nuovi casi su 271.336 tamponi (tasso di positività al 7,6 per cento), con 447 ricoveri in più di cui 34 in terapia intensiva. E in Lombardia torna l’incubo dei giorni peggiori, sotto forma di una comunicazione – “Ulteriori indicazioni organizzative per l’intera rete ospedaliera nell’attuale fase emergenziale – aggiornamento” – con la quale la direzione Welfare del Pirellone ieri ha avvertito d’urgenza tutte le strutture sanitarie regionali che in Lombardia da oggi scatta la Fase 4 dell’emergenza. La più alta, quella che prevede l’apertura di 1.005 letti di terapia intensiva e di 7.250 letti di degenza acuti. Nonché “la riduzione fino alla sospensione dell’attività di ricovero e dell’attività chirurgica procrastinabile”. Sia nelle strutture pubbliche che in quelle private a contratto, sia in SSN che in libera professione/solvenza.

Il tutto perché “stiamo assistendo a un netto e rapido aumento dei casi di Covid-19 che necessitano di ospedalizzazione e di terapia intensiva – scrive la Direzione Welfare – in particolare, il numero di pazienti ricoverati nelle terapie intensive è aumentato di 100 unità in 5 giorni”. Ripercussioni si avranno anche sul sistema ambulatoriale, la cui attività “viene di norma confermata, fatta salva la possibilità per ciascuna Direzione di intervenire programmando temporanee riduzioni di prestazioni non prioritarie”. A dimostrazione che l’arancione scuro sbandierato da Attilio Fontana è servito solo come propaganda.