“Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid”. Nicola Zingaretti

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – Sia detto con tutto il rispetto che Nicola Zingaretti merita, ma qualcuno si ricorda di una sua frase altrettanto incisiva, vibrante, drammatica e appunto memorabile? O meglio, prima di giovedì qualcuno rammentava tout court una frase qualunque di Zingaretti? Forse neppure lui. Malgrado non si contino i discorsi che ha pronunciato nel corso di una intensa esperienza politica, quelle parole resteranno probabilmente scolpite nella storia del Pd, perché franche, schiette, sincere, autentiche. Dire la verità: questa potrebbe essere la nuova, semplice, emozionante frontiera del discorso pubblico, se i politici avessero il coraggio che non hanno. Prigionieri come sono della gabbia in cui si sono volontariamente ficcati, pappagalli ammaestrati nelle mani dei loro peggiori nemici, gli esperti di comunicazione che strapagano per venire castrati da ogni emozione non contraffatta. Pensate se il modello Zinga fosse replicato e se, per esempio, Beppe Grillo dicesse ciò che pensa realmente dei grillini, o almeno di alcuni di essi. Qualcosa del tipo: mi vergogno di voi, eravate delle nullità e solo grazie a me siete diventati parlamentari, ministri e sottosegretari e adesso vi scoprite insofferenti, ribelli anche se vi guardate bene dal mollare le poltrone. E non sarebbe fantastico se qualche eroe di Italia Viva dicesse ciò che pensa, veramente, di Matteo Renzi: siamo in tanti a vergognarci di te, delle tue penose interviste a pagamento, del tuo penosissimo inglese. Temiamo purtroppo che lo sfogo di Zingaretti sia destinato a rimanere isolato, anche se forse quella voce del sen fuggita può segnare un felice punto di non ritorno. Quello che d’ora in avanti renderà ancora più improponibili, inaccettabili, indigeribili, i cosiddetti pipponi, paginate di parole vuote, insulse, pallose, ridicole propinate sotto forma di interviste, editorialesse, monologhi e gargarismi assortiti che nessuno legge (e ascolta) e che infatti stanno mandando a picco ciò che resta del giornalismo italiano. Ieri, qualcuno ha scritto che il “mi vergogno” del segretario Pd segna la fine del riformismo, sì del riformismo. Amen.