(Maurizio Belpietro – la Verità) – Alcuni giorni prima che Mario Draghi presentasse la lista dei ministri, un importante esponente politico mi ha manifestato un sospetto, che per ragioni di cronaca mi sembra giusto riferivi. Provate a immaginare che, a differenza di quanto annunciato, Sergio Mattarella punti al bis, cioè a essere nominato al Quirinale per un secondo mandato. Che cosa ci sarebbe di meglio che mandare allo sbaraglio il più autorevole concorrente per la presidenza della Repubblica?

Il dubbio che questa sia la vera intenzione del capo dello Stato, in effetti si è insinuato in me dopo aver visto la lista dei ministri. Dare l’incarico all’ex governatore della Banca centrale europea di formare un governo e poi zavorrare il nuovo esecutivo con alcuni nomi impresentabili è il modo migliore per tarpare le ali a una possibile nomina di Draghi per la successione di Mattarella.

Vi pare un’ipotesi cervellotica? Era sembrata tale anche a me, quando l’importante uomo politico me ne ha parlato, ma poi, dopo aver visto che il nuovo governo somigliava un po’ troppo a quello passato, ho cominciato a ripensarci. Possibile, mi sono chiesto, che un uomo come Draghi non si sia reso conto che alcuni suoi ministri sono scartine?

Certo, sappiamo che il manuale Cencelli non è andato in pensione con la prima Repubblica, ma resiste ed è compulsato continuamente anche nella seconda, al punto che i posti si distribuiscono con il bilancino. Tuttavia, pensavo che un tipo come l’ex governatore della Banca centrale europea, ossia un peso massimo che ha saputo tenere a bada Angela Merkel e i falchi della Bundesbank, sarebbe stato in grado di addomesticare anche i gattopardi italiani. Invece, ahinoi, rieccoli, pronti per un altro giro di valzer con lo scudo del governo istituzionale.

Come si fa infatti a pensare che di un governo di alto profilo sollecitato dal capo dello Stato possa fare parte un tizio come Roberto Speranza, che non è un ministro, ma solo un auspicio? Uno che aveva rassicurato gli italiani un anno fa, garantendo che il coronavirus non sarebbe arrivato in Italia e che, a ogni buon conto, il nostro Paese sarebbe stato pronto ad accoglierlo come si deve, dopo 93.000 morti dovrebbe dimettersi.

Da noi invece, non solo la persona a cui è affidata la salute degli italiani è rimasta per un anno indisturbata al suo posto, ma gli è stato pure rinnovato l’incarico. Non si può dire meglio di Luigi Di Maio, ministro degli Esteri che oltre a non sapere le lingue non conosce neppure l’italiano. Chi ci rappresenterà in giro per i mondo agli incontri ufficiali? Draghi o il deputato pentastellato?

Purtroppo, escludendo i vertici internazionali, sarà il secondo a stringere le mani e dare un’immagine del nostro Paese, con ciò che ne consegue. Non potrà andare meglio con Dario Franceschini, il quale, oltre ad avere il torto di aver fatto parte del precedente esecutivo, ha pure il guaio di credersi uno scrittore e in virtù di questo è convinto di avere i titoli come uomo di cultura e dunque come miglior ministro su piazza.

Non sto a rifare l’elenco degli altri impresentabili, a cominciare da Fabiana Dadone, versione sorridente di Lucia Azzolina, per finire con Stefano Patuanelli, che non dovrebbe occuparsi di agricoltura, ma praticarla. Possibile che un uomo navigato come Draghi non si sia accorto della caratura dei ministri che stava imbarcando? Dicono che l’ex governatore della Bce si sia preoccupato solo di designare tre o quattro collaboratori, convinto che basterà avere il controllo della borsa e dei ministeri chiave per poter vigilare sul resto.

Dunque, avrebbe lasciato fare a Mattarella, il quale avrebbe ceduto alle pressioni e alla fine avrebbe diviso i dicasteri con la logica democristiana, ovvero cercando non solo di applicare un criterio proporzionale in base alla forza di ciascun partito, ma pesando gli incarichi e cercando di assegnare quelli più importanti alle forze che dovranno sostenere il governo. Sarà, ma a me sembra che il nuovo esecutivo nasca con figure al di sotto delle aspettative e rischi di danneggiare la stessa immagine di chi è stato scelto per guidarlo.

In pratica, dopo aver visto la lista dei ministri e aver scoperto che molte erano le riconferme, mi è tornato in mente il sospetto che mi è stato confidato giorni fa e ho cominciato a chiedermi se tutto non sia stato studiato con dovizia per complicare la vita proprio a Draghi, rendendolo un po’ più debole e un po’ meno «quirinabile».

In effetti, averlo spedito a Palazzo Chigi, a un anno esatto dalla scadenza del mandato di Mattarella, rende l’ex governatore poco spendibile per il Colle. Come si fa infatti a farlo capo dello Stato se poi rimane vuota la casella di capo del governo e per di più nel momento in cui c’è da gestire i soldi del Recovery plan? Va bene che l’uomo è descritto come dotato di superpoteri, ma neppure a Superman riuscirebbe l’impresa di saltare da un palazzo all’altro senza rischiare.

Dunque? Ecco qui che si fa largo l’ipotesi dell’importante politico: e se Mattarella puntasse al bis per non essere da meno di Giorgio Napolitano? Magari anche lui non per un altro settennato, ma per un periodo più breve, giusto per passare alla storia come bis presidente. In fondo, oggi il capo dello Stato ha «solo» 79 anni, otto meno di quando il predecessore fu incaricato di un secondo mandato… Fantasie? Maldicenze? Forse. Ma, come si sa, tutto in politica è possibile. C’è chi ridiventa ministro e chi potrebbe ridiventare presidente.