(Bartolomeo Prinzivalli) – In momenti tribolati come questo le apprensioni degli italiani sono rivolte a scontate priorità: salute, economia, libertà. Tanti chiacchierano dei patemi governativi prospettando le più disparate soluzioni, siano esse obiettive o dettate da simpatie/antipatie personali, fino a sfociare nella fantapolitica o nell’irrazionalità più totale. Alcuni vorrebbero essere nei panni di esponenti della maggioranza, altri dell’opposizione, ma nessuno si interessa davvero a cosa potrebbe provare una figura chiave sempre presente in queste circostanze: Cottarelli.

Ecco, come vi sentireste se foste Cottarelli?

Evocati ad ogni accenno di crisi, che in Italia significa ogni 15 minuti circa, per guidare, traghettare, pilotare questa bagnarola sfondata verso acque più stabili e tranquille col benestare di stampa, industriali e tutti quelli che contano davvero senza che ciò si concretizzi mai. Sempre pronti, come panchinari mandati a scaldarsi nei primi istanti della partita che al fischio finale si sono fatti 90 minuti di stretching e corsa senza aver tolto mai la pettorina, e magari pure intervistati per analizzare le azioni di gioco viste da bordo campo. Con quel trolley pronto all’uso di cui ormai non ricordate neanche il contenuto, forse abiti invernali, forse estivi, sicuramente fuori moda, col dentifricio di certo ammuffito e lo spazzolino manco buono per pulire le fughe tra le piastrelle del bagno. Chissà, vi domandate, se qualcuno mai lo aprirà; forse gli archeologi fra un migliaio di anni, ipotizzando si tratti di costumi tipici, o rituali d’eterna attesa riservati agli imbecilli. Svegliati nel cuore della notte da telefonate in cui voci nasali annunciano che il momento agognato è giunto, seguite da fragorose pernacchie che deprimerebbero anche i più incrollabili ottimisti. Eterni piani B, promessi ad una donzella che se la fa un po’ con uno, poi con l’altro, poi ritorna con quello di prima che ha cambiato pettinatura o ha giurato di essere diverso, mentre nelle pause continua ancora ad ammiccare e darvi speranze, tanto che ad un certo punto cominciate a pensare sia pure un pochino zoccola, perché altrimenti non si spiega.

E sempre così, avanti e indietro con le rotelle consumate di quel trolley che ha cominciato ad andare per i fatti suoi, come i carrelli al supermercato, invitati in trasmissione o in collegamento da giornalisti apparentemente servili che insistono a mettere il dito nella piaga, perché essere stronzi è insito nel loro DNA.

“Dai che questa è la volta buona”, vi ripetono e vi ripetete fino ad autoconvincervi; ma a chi volete darla a bere, questi non mollano, non cedono, alla fine si accordano sempre o, ammesso che succeda, all’ultimo minuto spunta pure Draghi.

Ma annatevene aff…