(di Daniela Ranieri – Il Fatto Quotidiano) – Fino a poco tempo fa avremmo iniziato l’articolo con l’ironia: interessante l’ultima intervista che il solo vero oppositore del governo, Matteo Renzi, ha rilasciato a Repubblica. Oggi non ostenteremmo più tanta sicumera. E non certo perché Renzi, col suo partito detto antifrasticamente Italia Viva, ha smesso di fare opposizione; piuttosto perché chiaramente non è più solo.

Partiamo dai dettagli, visto che come sempre il merito per costui non conta nulla ed è solo fumo negli occhi (sospettiamo che abbia alzato tutta questa furibonda polemica sulla struttura che gestirà i soldi del Recovery Fund solo per fare la battuta che “centinaia di consulenti stanno al Recovery Fund come i navigator stanno al Reddito di cittadinanza”), e l’istantanea emergerà da sé come una Polaroid.

“Il futuro dell’Italia dei prossimi vent’anni non lo scrivono Conte e Casalino nottetempo in uno stanzino di Palazzo Chigi”. La scelta della parola “stanzino” dice di Renzi molto più di quanto potrebbero dirne renzologi amatoriali o professionisti, tra i quali ultimi ci annoveriamo. Dalla Treccani: “Stanzino: ambiente di piccole dimensioni, generalm. buio, privo di finestre, adibito a ripostiglio, spogliatoio, oppure utilizzato come locale di sgombero o come secondo bagno (contenente solo un lavandino, o altri servizî igienici, o la lavatrice e sim.)”. Palazzo Chigi ha sicuramente degli stanzini, adibiti ad accogliere lavandini, scope e maestranze: ma perché mai Conte e Casalino dovrebbero frequentarli? Di notte, per giunta. E colà, colti dall’occhio di Renzi o di chi ne fa le veci, scrivono furtivamente il futuro dell’Italia.

Che allusione è? Che mondo losco evoca? E soprattutto: a cosa si può ridurre, fin dove si può abbassare, un senatore della Repubblica, per colpire i nemici e far parlare di sé? “Zingaretti ha chiesto un rilancio dell’azione di governo, noi siamo d’accordo con il segretario del Pd”, dice, e purtroppo noi, che ci ricordiamo tutto, ce lo rivediamo davanti quando andava in Tv a presentare il suo partito-sultanato e a dire: “Noi siamo diversi, noi siamo un’altra cosa dal Pd!” (ci fece pure un hashtag). Comunque questo resta un caso di schizofrenia politica che finirà nei manuali: un tizio porta il partito che ha reso irriconoscibile al 18%, ma poiché è convinto di avere il 41% personale, si stacca e si fa un partito tutto suo per goderselo. È dato intorno al 2-3%. Ciò nonostante continua a comportarsi da 41, perché possiede pedine nei gruppi parlamentari, dunque potere di ricatto, e l’intero arco parlamentare gli dà spago; la nazione lo ignora.

“Non siamo alla caccia delle poltrone e non chiederemo nessun rimpasto”. Il Renzi tradotto, cioè occulto, è sempre più interessante del Renzi palese: è ormai chiaro come questi abbiano provato a fare il rimpasto, ma Mattarella ha fatto sapere tramite Corriere che era meglio per loro non si azzardassero, che un conto è cambiare uno o due ministri, un conto aprire una crisi, ipotesi di fronte alla quale non resterebbero che le elezioni anticipate, cioè, almeno per Renzi, la dissoluzione del nucleo, la fusione del nocciolo, la disgregazione nel nulla; cosicché lui e il Pd si sono ritirati in buon ordine, ostentando nobiltà d’animo, fischiettando, fingendo con indignazione (“chi, io?”) di non aver mai voluto fare un rimpasto.

Così mentre l’aspetto buffonesco di costui è noto a tutti (“Shish”), ultimamente emerge il lato feroce, e non è solo lo spirito del risentimento che lo abita dal 2016. Davanti alle telecamere di Report, innervosito dalle domande sull’aereo detto Air Force Renzi, era ferocissimo; tanto più deve bruciargli l’aver varcato la soglia psicologica dell’essere indagato (finanziamento illecito), obliqua manovra della magistratura per azzopparlo. Bizzarro che proprio ora che ha questa faccia (nonostante gli sforzi di perpetrare incongruenti operazioni simpatia via Twitter, dove cerca di ribadire il connubio Renzi-sport su cui è già caduto più volte come un soldato sul Carso), sia diventato simpatico al Pd, che pare sempre più d’accordo con lui che con Conte e i 5Stelle (vedi sul Mes). Questa maggioranza-ombra lavora come le squadre di scasso professionale: c’è la mente (Bettini), c’è il braccio, e c’è il piede di porco (fate voi le necessarie attribuzioni). A pensar male, parrebbe questa una storiaccia di vicendevoli usi: a Renzi fa comodo il Pd, com’è sempre stato finora, per contare qualcosa; e al Pd può far comodo Renzi per fargli fare il lavoro sporco e accoppare Conte uscendone bene.

Nota di colore: D’Alema, che era solito riferirsi a lui chiamandolo “questo guaio”, lo invita allo streaming della sua Fondazione per parlare di “cantiere della sinistra”, e l’immagine che viene in mente, metaforicamente parlando, può pure essere il ponte di Genova, come a molti piace ripetere, ma solo a patto di immaginare che si fossero chiamati i Benetton a dirigere i lavori.