(Giuseppe Di Maio) – L’enciclopedia Treccani dice che nella sua accezione neutra “ideologia” è un sistema di idee, credenze e valori capace di orientare la condotta di gruppi e individui. Ma nel suo significato politico, che è quello più usato, essa si accosta a quella di dottrina del sovvertimento sociale, alla palingenesi. Di certo i 5 stelle si erano riferiti a quest’ultimo significato quando dichiararono di essere post-ideologici. Loro non volevano allarmare nessuno, volevano rassicurare che la loro posizione non era né di destra né di sinistra, che non avrebbero cambiato l’ordine sociale, che non avrebbero rimosso i padroni, anche se si mostravano attenti alla condizione degli ultimi.

Già, perché in Italia col solo accennare alla giustizia sociale ti bollano come comunista, e il successo elettorale che ancora ha questa invettiva (“siete solo dei poveri comunisti”, come gridava Silvio dal palco di Cinisello) spaventa chiunque voglia fare qualcosa per la povera gente. Difatti l’ideologia che orienta il gruppo sociale italico, cioè il pensiero unico nazionale, è ancora quella del capitalismo di massa, ovvero della responsabilità assoluta di ogni cittadino per la sua condizione economica. Un giochetto che alle classi dirigenti italiane riesce da tempo remoto e che la gente della penisola subisce in letizia.

Bisogna dire che il declino del dibattito politico durante tutto il dopoguerra fino ai livelli più scadenti dell’era berlusconiana è stato causato da una diversa composizione delle classi sociali che vi hanno preso parte. Difatti la politica, dalla presentazione di sistemi ideologici, cioè dalle proposte di società alternative a quella reale, è passata alla trattazione di questioni ordinarie, attraverso le cosiddette “narrazioni”, che hanno sostituito le ideologie non più idonee ad attrarre l’elettorato. Bisogna cioè dire, che con la fine dei grandi elettori, insomma con un effettivo allargamento della base elettorale, i sistemi ideologici sono diventati incomprensibili alle maggioranze, e lo scontro politico è stato invaso da questioni banali e oniriche.

In questo senso la democrazia si può considerare già compiuta, giacché la volgarizzazione del messaggio politico, che segue la sensibilità civica degli elettori, sta avvitando l’intera società in un gorgo reazionario dal quale non riesce a risollevarsi. Ed è qui che interviene il sogno pentastellato, che presenta una società futura segnata dalle conquiste ecologiche, digitali, e della giustizia sociale. Insomma, esattamente un’ideologia, che incomprensibilmente si propone come non ideologica nel panorama delle narrazioni a cazzo di chiunque faccia politica.

Ma il Movimento è una congerie risorta in opposizione all’invasione politica delle classi più gregarie e popolari. Un risorgimento di valori di cui l’onestà è il più distintivo, ma seguono il sacrificio, il merito, l’equità, la giustizia, che sono segni peculiari della morale piccolo borghese. E questa classe, che si è proposta di ridiventare egemonica dopo aver subito dal Capitale il feroce ridimensionamento degli ultimi decenni, non accenna ancora a prendersi stabilmente un’area politica. Non mostra di voler sostituire i traditori del popolo oppresso, non si propone di occupare lo spazio politico della sinistra occupato abusivamente dal PD e dagli emuli suoi. Questa classe è ancora alla ricerca di statuire i suoi valori fondanti, una carta in cui saldare la sua ideologia, dichiarando decisamente in epigrafe di essere post-ideologica.