(di Daniela Ranieri – Il Fatto Quotidiano) – Esiste, e ne siamo ormai esperti, un’antropologia renziana fondata su una legge di brutale semplicità: bisogna agire sempre per interesse personale, se necessario contraddicendosi e cadendo nell’aporia, in ottemperanza all’unico imperativo morale, che è quello di ostacolare e screditare chi detiene il potere che si vorrebbe per sé. Il merito è indifferente.

“Servono decisioni basate su valutazioni scientifiche e non su emozioni irrazionali”, dice oggi colui che il 28 marzo, con 3856 ricoverati in terapia intensiva e 889 morti in un giorno, disse che bisognava riaprire prima di Pasqua fabbriche, negozi, librerie, messe e dal 4 maggio le scuole, guadagnandosi apprezzamenti di tutta la comunità scientifica che andavano da “irrealistico” (Burioni) a “folle” (Lopalco).

A dargli retta, adesso staremmo alla terza ondata, invece che alla seconda. Perciò lo storytellingè favoloso: Conte agisce non ascoltando gli esperti, ma le “ansie di alcuni ministri preoccupati”, quando non c’è di che esserlo.Il Dpcm riflette questa emotività: “È un decreto che non riduce il numero dei contagiati, ma aumenta il numero dei disoccupati”.

Dove avrà preso il Centro Studi di Italia Viva questo dato? Ma da nessunissima parte: Renzi cavalca la prevedibile ascesa dei contagi nei prossimi 15 giorni, quando ancora gli effetti delle misure non si saranno dispiegati, facendo credere che dipenderà da queste stesse misure.

È una sfida alla logica, infatti ripete tutto a pappagallo Bellanova, ministra-trojan nel governo che quelle misure ha varato.

Quanto al criterio scientifico (ignoto) contrapposto a quello ansiogeno (che oltre a Conte guida la emotivissima Merkel), si registra un’evoluzione da quando faceva il mediumsensitivo: “Se la gente di Bergamo e Brescia che non c’è più potesse parlare, direbbe ‘ripartite anche per noi’”, disse.

Si può andare oltre nel cattivo gusto? Maramaldo, che uccideva un uomo morto, al confronto era un paladino di Carlo Magno.