(Ignazio Corrao) – Le parole sono importanti e sono sempre stato dell’idea che fosse (volutamente?) sbagliato chiamare “Stati Generali” l’agognato Congresso del m5s.

Gli Stati Generali furono convocati per la prima volta dal re Filippo il Bello il 10 aprile 1302 nella chiesa di Notre-Dame a Parigi. Le elezioni dei rappresentanti agli Stati Generali procedevano attraverso una prima designazione di elettori locali (mediante gli Stati provinciali), i quali si riunivano nel capoluogo, elaboravano i cahiers de doléances (quaderni nei quali erano raccolte, per ciascun ordine, le lamentele e i voti da presentare al sovrano) ed eleggevano i deputati all’assemblea generale. Gli ordini rappresentati erano 3:

1- clero;

2- nobiltà;

3- terzo stato, suddiviso in “alto” (commercianti all’ingrosso, imprenditori, impiegati e intellettuali), “medio” (commercianti all’ingrosso, imprenditori, impiegati e intellettuali) e “basso” (piccoli proprietarî, contadini benestanti, preti e braccianti). Questi 3 ordini si riunivano separatamente per redigere un cahier unico basato su quelli provinciali e un solo deputato per ogni stato parlava nell’assemblea generale e nell’ordine: clero, nobiltà e terzo stato. Gli Stati Generali poi si scioglievano senza attendere la risposta del governo del re. Dal 1484 furono convocati periodicamente e intervennero nella deliberazione e ripartizione delle imposte. Gli ultimi Stati Generali furono inaugurati il 5 maggio 1789, e segnarono l’inizio della fine dell’Ancien Régime, crollato a seguito della successiva Rivoluzione. Essi contavano 1139 membri di cui 291 rappresentanti del Primo Stato (clero), 270 per il Secondo Stato (aristocrazia) e 578 per il Terzo Stato (popolo, in particolare la borghesia).Le rivendicazioni del Terzo Stato consistevano nell’abolizione della decima e dei diritti feudali, con o senza diritto di riscatto. Si reclamava una Costituzione liberale, che stabilisse l’eguaglianza di tutti i sudditi, garantisse la libertà individuale e di stampa, che prevedesse la limitazione dei poteri reali, l’elezione di un Parlamento nazionale con potere legislativo e che pertanto determinasse anche la misura dell’imposizione fiscale e infine che stabilisse la formazione di organi elettivi a cui affidare le amministrazioni locali. Anche i cahiers del Clero e della Nobiltà si mostravano favorevoli all’abolizione dell’assolutismo e a molte richieste del Terzo Stato. Il Clero intendeva però mantenere i propri privilegi e negare la concessione della libertà di coscienza, così come la Nobiltà non intendeva cedere sulle proprie prerogative, pur accettando il principio dell’eguaglianza fiscale.

Restava inoltre da dirimere il problema del sistema di voto: votare per ordine avrebbe significato mantenere in vita i privilegi del clero e della nobiltà, incompatibili con un autentico rinnovamento delle istituzioni. Ogni ordine infatti si riuniva in una camera separata dagli altri due Stati, discutevano sulla legge ed emettevano un voto per camera: essendo tre i voti, il sistema non ammetteva il pareggio. Il più delle volte il Terzo Stato era svantaggiato, perché in qualche modo gli interessi dei nobili e del clero coincidevano: era sufficiente che questi emettessero due voti a favore per ottenere la maggioranza.

Il Terzo Stato, ritenendosi giustamente penalizzato e rappresentando una condizione di tensione sociale crescente, chiese:

1- una rappresentanza maggiore, quindi altri membri per la propria camera;

2- l’istituzione del voto per testa;

3- la riunione in un’unica camera.

Di questi punti ne fu concesso solo uno, quello di elevare il numero dei propri membri, cosa che non risolveva la situazione di svantaggio. A quel punto il Terzo Stato si autoproclamò l’unico vero rappresentante della Francia, assumendo il nome di Assemblea Nazionale, e ciò determinò la fine degli Stati Generali e l’inizio della Rivoluzione Francese, la rivolta del terzo Stato contro le classi privilegiate e le ghigliottine di Place de la Concorde.

Chi ha deciso di chiamare così quello che doveva essere un (necessario da anni) “Congresso” come quello dei partiti o non conosce la storia o la conosce troppo bene. Di sicuro ci sono impostazioni e (purtroppo) anche condizioni simili, ad esempio la suddivisione in 3 gruppi di rappresentanza separati (potrebbero essere Cerchi magici e capi comunicazione -> Clero. Portavoce di livello regionale, nazionale ed europeo -> Nobiltà. Portavoce comunale e attivisti -> Terzo Stato) e il grandissimo malumore galoppante verso la autoreferenziale gestione interna ed esterna del m5s.In condizioni normali, visto il ritorno della pandemia e i disastri economici, sociali e sanitari che si porta dietro, direi che questo congresso si potrebbe anche rinviare, ma visto che il governo che deve affrontare la pandemia è rappresentato per 2/3 da un partito che non ha avuto alcun momento di rinnovamento e confronto interno da anni, mi sembra impensabile pensare di poter andare avanti così, perché se non c’è legittimazione politica governa la burocrazia. L’ho detto nella riunione territoriale a cui ho partecipato e lo ribadisco anche pubblicamente, il movimento 5 stelle ha un futuro solo se si dota di nuove linee identitarie e programmatiche forti e diverse dagli altri partiti (da mesi si agisce come copia sbiadita del PD, senza alcuna identità) e se si opera un turnover totale nelle posizioni di potere interne ed esterne. Dotandosi di una nuova struttura in cui scompare il clero e la nobiltà e si torna all’idea di fare, per un periodo di tempo limitato, i portavoce di scelte realmente condivise con la collettività, il terzo Stato. Ho detto molte cose su temi e identità, e continuerò a farlo (soprattutto su vera tutela dell’ambiente, che significa anche lavoro, e una lotta allo strapotere delle multinazionali nel neoliberismo sulla dignità del piccolo), intanto però condivido con voi la proposta di riorganizzazione strutturale che avevo elaborato l’anno scorso -> http://www.ignaziocorrao.it/la-struttura-del-movimento-5…/

Come sono finiti gli Stati Generali francesi lo sappiamo. Vediamo di imparare dalla storia.