(Giuseppe Di Maio) – L’ho detto più volte: gli italiani o sono reazionari o conservatori. Cioè la middle class è sostanzialmente conservatrice, mentre i 5-6 decili inferiori della società sono per lo più reazionari. In Veneto no. In Veneto sono tutti razzisti. Tuttavia ripartiti in razzisti conservatori, e razzisti reazionari.

Questa è la regione dove si pratica ferocemente l’esclusione sociale, l’attività preferita di quelli a cui piace vincere facile. Ditemi voi che cosa è il razzismo se non compromissione dei meccanismi della concorrenza. Perciò i Veneti, “paroni a casa nostra”, dando addosso al terrone prima, e correndo appresso all’albanese e al marocchino poi, si sono costruite incredibili ville e casettine linde nelle periferie delle loro cittadine con il lavoro mal pagato dei foresti. Tutto questo non è frutto della loro ostentata laboriosità, è solo risultato dell’abuso col favore della maggioranza, dell’autorità, e del potere del denaro. E dunque del trucco, dell’invidia, dell’esclusione. Chissà se anche intorno a Venezia leggeranno prima o poi il testo di Piketty dov’è ampiamente chiarito che la disuguaglianza non è naturale, forse appena appena spirituale, ma assolutamente un prodotto della politica e delle sue decisioni.

Il leghismo è l’unico partito dei Veneti. Non possono essere nient’altro a qualsiasi partito appartengano. Io però tra i leghisti reazionari – a dir poco pericolosi, capaci persino di menare le mani, ignoranti, con i loro discorsi senza capo né coda – e quelli conservatori – viscidi, furbi, democratici a parole, gelosi e taccagni – preferisco i primi e la loro dichiarata inimicizia. La logica fa difetto ad entrambi, ma il partito dei laureati e dei diplomati (come direbbe Piketty), che sogna di nascosto gli agi della vita borghese, che mostra un’ottusità senza redenzione, e che nonostante qualche ridicolo e pretestuoso predicozzo non è disposto a spartire la sua sicurezza economica con nessuno, quel partito mi è totalmente indigesto.

In trent’anni la società veneta è cresciuta nel più aspro leghismo, cioè esaltazione della malafede. E un’eventuale presentazione di titoli e di meriti a volte si fonda esclusivamente sul certificato di nascita, sulle espressioni dialettali, o sulla pronuncia regionale. In trent’anni, da quando accusavo i miei ex compagni di RC di aver inconsapevolmente assorbito gli elementi leghisti sparsi per la pianura, qualsiasi partito, associazione, combriccola è principalmente leghista, e solo dopo è propenso a scimmiottare i temi cari ai cittadini d’oltre Adige, d’oltre Po, d’oltr’Alpe. Il Cristianesimo, il liberalismo, il socialismo, la democrazia, sono parole spazzate dal vento de “noialtri”, dal primato dei Veneti, e dall’ostilità verso chiunque ne stia smascherando i trucchi.

Come si sa i primi laboratori della politica, i precursori delle decisioni, spesso sono proprio le riunioni, i convegni. Qui, con le garanzie incerte della democrazia e delle libertà costituzionali affogate dalla malafede, i Veneti mettono a segno le prime esclusioni e i primi trucchi nel silenzio della maggioranza. Segue o precede l’esclusione nella ricerca del lavoro, poi sul posto di lavoro, nell’istruzione, nelle ore conviviali e di riposo, nella pratica dei sentimenti. Fino alle disavventure col sistema giudiziario, esclusione definitiva. Emarginazione e povertà diventano così inevitabili, e faticano ad aggredire solo destini biologici particolarmente coriacei e fortunati.

L’angulus venetorum, il posto dei Veneti. Un’isola, dove si alleva la malferma presunzione di essere i migliori, mentre si distrugge la capacità di fronteggiare la concorrenza. Se non è questo il destino di tutto l’Occidente, se non è questo lo specchio del nostro futuro…