(di Andrea Scanzi – Il Fatto Quotidiano) – Ha detto tutto Vasco Rossi: “Fottetevi da soli, negazionisti e tarrapiattisti del cazzo. (…) Siamo testimoni di un evento catastrofico. Molti non lo hanno ancora realizzato, ma è come se fosse esplosa una bomba nucleare. Una pandemia globale mai avrei pensato di vederla”.

È questo il punto: prendere atto dell’assoluta eccezionalità del tempo che stiamo vivendo. Un’eccezionalità tale da rendere sommamente stolto il tentativo di applicare le “vecchie regole” su economia, scuola, vita sociale, eccetera. Ovvio, no? No. Basta pensare ai negazionisti. Ci sono quelli mentecatti (certi gilet arancioni, non pochi youtuber). Quelli che negano il Covid per scaramanzia. E poi i peggiori: quelli che sanno benissimo che la situazione è grave, ma recitano la parte dei minimizzatori (se non proprio dei negazionisti) per interessi personali (attirare l’attenzione) e politici. Allo stato attuale, tale mandria sghemba di cortigiani incarna al meglio il peggio dell’Italia. Eccone alcuni esempi. Per tutelare la salute dei lettori, userò nomi di fantasia.

Il Becchino ex grillino. Prendete uno che, nel 2013, giocava al grillino per andare in tivù con la scusa che “io conosco bene Casaleggio”. E i talk, contenti come una Pasqua, lo usavano per dimostrare che i 5Stelle erano tutti sciroccati come quello lì. Il tempo passa, e per tirare avanti il tizio buffamente barbuto, si reinventa complottista-salviniano. Ma nessuno se lo fila. Allora lui alza la posta, facendo per esempio video – in chiaro debito di arteriosclerosi – bruciando mascherine. E nessuno continua a filarselo. Una prece.

Victor Peto. Neghi per mesi l’esistenza del Covid. Ti fai cacciare dalla Camera per recitare la parte del martire. Organizzi simposi al Senato a patto però che (quasi) tutti i partecipanti esibiscano la Certificazione di Perdurante Letargo Neuronale. Fai il duro, anche se hai 68 anni e ne dimostri 197. Poi, in una cittadina che ti ha pure eletto sindaco, decidi di multare chi indossa “troppo” la mascherina. Invecchiare è dura, ma farlo così è un bagno di sangue. Una prece.

Nik l’Ortaggio. Sogni il botto sui social, ma ti resta il colpo in canna. Vorresti andare oltre il ruolo di megafono di Salvini, ma il massimo che partorisci è un sito personale dove scrivono (magari pure gratis) masserizie frustrate che sognavano il successo, per poi finire nel sottoscala di un marginale spazio web. Così, tra una provocazione moscia e un’altra morta, passi il tempo straparlando – in quelle tue dirette Facebook per pochi intimi – di “fabbriche della paura” (il Covid) che il potere (di sinistra) usa per silenziare la democrazia popolare (di destra). Una prece.

Il Tribola. Sei milionario, anche se a guardare le ciabatte irricevibili che indossi non parrebbe. Fai la guerra a Conte, sostenendo che doveva prendere esempio da Trump. Parli di sanità italiana che terrorizza la gente. Citi Zangrillo manco fosse Zarathustra. Ti esprimi in un italiano foneticamente straziato. Garantisci che nulla è più sicuro delle discoteche. Poi, in un contrappasso epocale, ti becchi il Covid. E la tua discoteca diventa un focolaio. A quel punto potresti chiedere scusa, ma preferisci scavarti ancora di più la fossa mediatica. Per poi decidere di passare la quarantena a casa di Nostra Signora della Prostatite. Come se la malattia, di per sé, non fosse sufficiente come disgrazia. Una prece.

Cazzaro Verde. Te ne freghi delle regole sanitarie. Tanto poi se risaliranno i contagi darai la colpa ai migranti. E in tanti ci crederanno pure. Una prece.