(di Antonio Padellaro – IL Fatto Quotidiano) – Non ci si potrà mai abituare all’assenza di pubblico negli stadi, e in tutti gli impianti sportivi: il silenzio delle immense tribune deserte e le urla delle panchine amplificate dai microfoni direzionali sono stati la raggelante colonna sonora della pandemia e, temiamo, lo saranno ancora a lungo stante la ripresa dei contagi. Senza le folle del tifo passionale anche un match di assoluto prestigio come la finale di Champions, Bayern-Psg, è come un capolavoro in un museo dalle porte sbarrate. C’è il video ma dov’è l’emozione? Il problema della non presenza umana (alleviata nel migliore dei casi dal distanziamento sociale) ha riguardato in questi mesi ogni forma di spettacolo: dai teatri ai concerti, alla catastrofe dei cinematografi dove gli incassi sono crollati del 98% se confrontati con quelli dell’estate scorsa. È probabile che le regole imposte dal lockdown di marzo continueranno a imporre studi privi di pubblico anche nei dibattiti e talk-show televisivi. Però, a differenza di quanto fin qui detto, siamo davvero convinti che sia un guaio? Personalmente ho molto apprezzato la mancanza (per causa di forza maggiore) delle platee plaudenti, sia trovandomi al di qua che al di là del teleschermo. Come spettatore riesco a comprendere meglio le ragioni dei contendenti in studio senza essere continuamente disturbato dagli scroscianti battimani. Spesso scollegati dalla discussione in corso, quando non addirittura in palese contraddizione (si applaude tutto e il contrario di tutto). È un fastidioso rumore di fondo che finisce anche per condizionare gli ospiti, spesso più attenti ad assecondare gli umori della sala con qualche battuta a effetto che a spiegare e ad argomentare per meglio informare chi assiste da casa (parlo per esperienza personale). Sono, mi rendo conto, osservazioni che non saranno gradite al pubblico reclutato per l’evento, studenti, pensionati, casalinghe. Tutte simpatiche persone che tuttavia non sono sicurissimo condividano sempre l’ovazione quando è sollecitata dalla regia. E se il maledetto Covid suscitasse il ripensamento di questi format? Sempre talk ma più inchieste e meno show? Cosa ne pensano in proposito Corrado Formigli, Giovanni Floris, Myrta Merlino, Bianca Berlinguer e tutti gli altri conduttori che si apprestano a ricominciare la stagione televisiva? Che sarà accompagnata da una domanda d’informazione mutata dal virus: più desiderosa di competenze e giudizi equilibrati, meno di schiamazzi da cortile.