(Emma Burnett e Luke Owen, The Conversation – it.businessinsider.com) – La maggior parte delle persone si affida ai supermercati, e questi megastore dominano la nostra economia alimentare. Partecipano a un sistema che dipende dall’agricoltura e dalla produzione su larga scala, da un fluidissimo commercio internazionale di prodotti alimentari, e da tempi di produzione veloci.

Ma cosa succede quando le vulnerabilità del sistema vengono svelate e si spezzano? Che cosa fermerà la nostra caduta?

Abbiamo bisogno di un sistema alimentare resiliente. Ciò significa superare l’idea ecologica di resilienza come semplice sopravvivenza durante i periodi di crisi e realizzare invece proattivamente un sistema alimentare che riesca tanto a reagire velocemente alle circostanze che cambiano, quanto fare da rete di protezione.

Quanto osservato durante la pandemia di Covid-19 è proprio ciò che ci si aspetterebbe da una popolazione decisamente impreparata: fare acquisti guidati dal panico, diffondere disinformazione e scaricare colpe su altri. La cascata di panico ha evidenziato i principali difetti economici, sociali e politici.

Ma, oltre a questo, abbiamo assistito a un aumento di reazioni auto-organizzate che possono contribuire a realizzare la resilienza. Pensate, ad esempio, alle persone che realizzano camici per il Sistema sanitario nazionale fatti in casa.

Per molti versi, i supermercati e gran parte delle infrastrutture di supporto si sono rafforzati durante la crisi. Hanno intensificato lo shopping online e la capacità di consegna, dando priorità a coloro che erano più indifesi e fornendo pasti gratuiti e accesso prioritario agli acquisti agli operatori del Sistema sanitario, e donando cibo alle banche alimentari. Tuttavia, i rapidi cambiamenti e gli accaparramenti dovuti alla crisi hanno portato allo svuotamento degli scaffali (uno shock per chi era abituato all’“on demand”) e all’indisponibilità degli slot di consegna delle ordinazioni online.

A causa di ciò, molte persone hanno cercato alternative. La richiesta di consegna di cassette di verdura, latte e alimenti secchi è molto ammentata, come anche la richiesta di partecipazione all’agricoltura sostenuta dalla comunità e ai sistemi delle aziende agricole locali. Un’immensa quantità di centri di distribuzione alimentare a base comunitaria, banche alimentari, piccole fattorie e addirittura floricoltori locali hanno reagito. Quando i supermercati avevano finito gli stock o gli slot delle consegne, le iniziative locali sono cresciute per soddisfare la richiesta, o hanno scoperto nuove fonti di merci e prodotti.

Oltre i supermercati

La diversità è fondamentale per il sistema alimentare. È una cosa che va oltre le possibilità di scelta in un negozio. Dobbiamo stare attenti a come il cibo viene prodotto, processato, trasportato e reso disponibile, oltre ai vari impatti e agli effetti a catena.

Pensate al modello della grande distribuzione che fornisce cibo alla maggior parte delle persone del nord globale. Il genere di agricoltura industriale su cui si basa è ideale per produrre immense quantità di cibo uniforme, ma non per la salute e il benessere planetari o umaniL’agricoltura industriale prospera sulla monocultura in cui interi campi e fattorie sono coltivati a una sola coltura, ma lo stesso vale per parassiti e malattie.I parassiti prosperano nella monocultura. Fotokostic / shutterstock

Eliminando la biodiversità, abbiamo semplificato la semina e il raccolto, le previsioni e il controllo. Ma generazioni di riproduzione selettiva vogliono dire raccolti e allevamenti sempre più omogenei, privi della diversità genetica necessaria per adattarsi alle pressioni evolutive come le malattie.

Il rischio è amplificato dall’agricoltura intensiva su larga scala. Nelle monoculture non esistono barriere fisiche o ammortizzatori per contrastare le spinte selettive nelle popolazioni vulnerabili. Quando affiora qualcosa di virulento, riesce a diffondersi come un incendio incontrollato.

Lo abbiamo già visto. Ondate di carestie delle patate in Irlanda causate da una ruggine (e dall’impatto del dominio coloniale britannico) uccisero milioni di persone. Negli anni Cinquanta del Novecento, la varietà di banana più diffusa rischiò l’estinzione a causa di un unico fungo.

Epidemie di malattia virale di Nipah  in molte nazioni asiatiche portarono a centinaia di morti tra il 1998 e il 2018. Nel 2019, il virus della peste suina africana ha ucciso centinaia di milioni di maiali in Cina. Il COVID-19 è solo l’ultimo di un lungo elenco di flagelli che abbiamo incoraggiato involontariamente.

Una rete di sicurezza

Viviamo in un castello di carte. I nostri sistemi di supporto sono instabili e vengono erosi costantemente – una spinta potrebbe farli cadere tutti. Ecco perché gli agroecologi affermano che i sistemi alimentari devono incoraggiare la diversità: delle colture, dei modelli economici, delle persone. Guardiamo oltre i supermercati e gli allevamenti intensivi verso sistemi che hanno una comprovata esperienza di estrema adattabilità, anche senza politiche di sostegno.

Gruppi locali e piccole imprese si sono rafforzati durante la pandemia, sfruttando le proprie reti per prendersi cura delle persone vulnerabili e, in generale, il tessuto delle reti di sicurezza sociale. E ciò è avvenuto nonostante anni di tagli.

Le organizzazioni e le iniziative stanno andando oltre i propri obiettivi originali per fornire servizi e assistenza, cibo compreso. I regimi agricoli, le banche alimentari e gli snodi alimentari sostenuti dalle comunità riescono a farlo perché sono già interconnessi a livello locale e possono appoggiarsi su aiuti in caso di emergenza. La loro adattabilità implica tempestività e capacità di proseguire là dove un sistema alimentare industrializzato si ferma.

Ciò non significa che i supermercati non debbano essere lodati per le loro azioni recenti. Ma essi sono inesorabilmente legati a sistemi di agricoltura industriale, e questi pongono un doppio rischio, tanto di scatenamento di crisi globali, quanto di incapacità di consegnare le provviste. Per il nostro stesso benessere, dovremo assicurarci che nel panorama alimentare ci sia altro rispetto all’agricoltura intensiva, alla lavorazione su larga scala e alla distribuzione di massa.

I vari sistemi di produzione e distribuzione che sono rimasti a lungo alla periferia devono essere finanziati e alimentati adeguatamente, dato che forniscono una rete di sicurezza. Se non prestiamo attenzione alle cause profonde dei problemi sistemici del nostro approvvigionamento alimentare, ci troveremo pericolosamente impreparati di fronte a una nuova crisi globale.

* Questo articolo è tradotto da The Conversation. Per leggere l’originale vai qui.