(Stefano Rossi) – A volte, in modo perfido, basta sfiorare l’argomento del covid-19 e poi dire che sono stati scarcerati i “boss mafiosi” per aizzare la cagnara. Dal 1999, e dicasi dal millenovecentonovantanove, esiste la legge 231, che ha modificato alcune norme del codice di procedura penale e penitenziario. In caso di gravi malattie, incompatibili con il sistema carcerario, il detenuto può scontare la pena ai domiciliari o in altra struttura sanitaria adeguata.

Questa, e altre simili, è la normativa applicata per i pochi detenuti usciti in questi giorni. Ora, questa legge fu votata dal governo D’Alema, così esulterebbero quelli di destra i quali, però, sono poi andati a governare per parecchi anni, anni in cui le modifiche al sistema penale sono servite solo per limitare o azzerare i danni personali di Berlusconi e i suoi cari; ben potevano rimediare a questa riforma. Per la prescrizione lo hanno fatto due volte! Ora come farisei si stracciano le vesti!

Il decreto Cura Italia del 17 marzo 2020 in materia detentiva dispone il via libera alla detenzione domiciliare per chi ha meno di 18 mesi di pena da scontare. Sono esclusi dal provvedimento alcune categorie di soggetti condannati per i delitti indicati dall’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, tra cui ci sono i detenuti sottoposti a regime di sorveglianza particolare. Non credo che un boss mafioso possa scontare pene inferiori ai 18 mesi.

Il magistrato di Sorveglianza di Pavia, con decreto 20 marzo 2020, n. 949/2020, dott.ssa Ilaria Pia Maria Maupoil, ha rigettato la richiesta di applicazione provvisoria della detenzione domiciliare per incompatibilità dello stato di salute di un detenuto con il regime carcerario. L’istanza si fondava sulla circostanza che il condannato fosse affetto, come documentato dalle relazioni mediche inframurarie, da numerose pluripatologie, quali una marcata obesità e il diabete, ossia le medesime malattie che, secondo il “Report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi a COVID-19 in Italia” dell’Istituto Superiore di Sanità del 13 marzo, sono state riscontrate nell’unico uomo deceduto sotto i 40anni, affetto da coronavirus. In quel carcere c’erano stati detenuti infetti al covid-19.